Il tribunale di Napoli, sezione misure di prevenzione, ha accolto in parte le richieste del questore per il sequestro del patrimonio immobiliare e dei conti correnti intestati a Salvatore Zinzi. Un cantante neomelodico che ha investito sull’isola d’Ischia. Ritenendo che quei beni non siano riconducibili a risorse finanziarie ritenute legittime o comunque dimostrabili come provento da attività lecite. L’ufficiale giudiziario Dario Rizzotto, che ha seguito materialmente il sequestro, con l’amministratore giudiziario dei beni sequestrati e con ufficiali della sezione misure di prevenzione della Questura di Napoli si sono recati a Serrara Fontana, ove hanno preso possesso di una civile abitazione composta da 4,5 vani più un terreno adiacente, acquistati in tempi diversi dallo Zinzi. Inoltre si sono recati presso una banca la cui agenzia è nel comune di Forio ed hanno sequestrato la somma di 61.000 euro. Tutto a disposizione dell’amministratore giudiziario. Altri beni ed altri conti correnti sono stati individuati dal tribunale nella disponibilità della moglie e dei figli. Lo stesso collegio ha rigettato il sequestro di altri beni immobili che secondo i giudici non possono essere classificati come acquistati con risorse finanziarie ingiustificate. Al tempo stesso è stata predisposta la fissazione dell’udienza dinanzi al tribunale, ove dovranno comparire le banche e gli uffici postali ove erano custoditi i conti, per una ulteriore ricognizione e stabilire l’intera movimentazione.
Un’iniziativa della Questura di Napoli su Salvatore Zinzi che giunge dopo una travagliata vicenda giudiziaria iniziata nel lontano 2014 con gravi imputazioni, ritenendolo facente parte integrante di un’associazione di tipo mafioso denominata “Alleanza di Secondigliano”, diretta ed organizzata da esponenti di primo piano della mala partenopea, Edoardo Contini, Vincenzo, Pietro e Maria Licciardi. Con emissione di ordinanze di custodia cautelare in quanto si riteneva che fossero state poste in essere alcune attività commercialmente illecite per riciclare il denaro dell’organizzazione. In quella circostanza allo Zinzi veniva contestata l’associazione perché ritenuto integrante nella struttura imprenditoriale-commerciale che si occupava all’estero della vendita o comunque della messa in circolazione di capi di abbigliamento, prodotti industriali, macchine fotografiche ed altri beni di consumo con marchi contraffatti. Recando nomi delle più prestigiose marche nazionali ed internazionali, ingannando i consumatori.
Una vicenda che all’epoca fece molto scalpore e che coinvolse anche due napoletani che si erano stabilmente trasferiti sull’isola d’Ischia e furono anch’essi colpiti da misure cautelari, le cui posizioni vennero poi valutate con il rito abbreviato dal gup.
Nell’ottobre del 2007 lo Zinzi con rito ordinario venne condannato alla pena di otto anni di reclusione per il reato di associazione, mentre assolto per quello di riciclaggio. Con il ricorso presentato alla Corte di Appello la sentenza di condanna venne completamente riformata e Salvatore Zinzi assolto con sentenza passata in giudicato, con la restituzione di tutti i beni sottoposti a sequestro. E da qui che nasce l’iniziativa della Questura, valutando soprattutto la sussistenza o meno della pericolosità del soggetto, con una valutazione del suo patrimonio e di quello personale. Il tribunale ha richiamato nel corposo provvedimento di circa cento pagine tutti gli aspetti inerenti al percorso giudiziario seguito e dalle valutazioni che i singoli giudici hanno fatto nel motivare le diverse sentenze. Avendo la certezza che vi siano state comunque delle “ingiustificate” ricchezze che avrebbero consentito di avere disponibilità economiche per acquisti altrettanto importanti come è avvenuto a Serrara Fontana. Anche la Corte di Appello, seppur emettendo sentenza di assoluzione, nella motivazione ha fatto delle osservazioni che sono state richiamate dalle misure di prevenzione: «La posizione di Zinzi Salvatore è simile a quella del Colella, avendo anch’egli partecipato alla gestione delle società BMR, Prime, Gain, in relazione alle quali venivano riscontrate le anomale operazioni bancarie, ritenute dal tribunale indicative di un’attività di riciclaggio. In questa sede non può che ripetersi tutto quanto già scritto sulla necessità di invertire l’approccio metodologico seguito dal tribunale e verificare a monte la legittimità del flusso di denaro in entrata perché il presupposto del riciclaggio è la preesistenza di denaro sporco che necessita di essere ripulito attraverso il paravento di una lecita attività commerciale. La posizione di Zinzi Salvatore su questo punto appare ancora più lineare del Colella, in quanto il famoso conto Del Vecchio Virginia, sul quale transitano assegni delle società e sul quale vengono tratti gli assegni negoziati da Zinzi Carlo, viene acceso con una provvista iniziale proveniente dal conto personale dell’imputato, in relazione alla quale non vi sono indizi per ritenere che fossero depositate somme di provenienza illecita».
Questo è un passaggio importante perché quei soldi depositati non erano frutto di operazioni “occulte”. Il tribunale si sofferma inoltre sui provvedimenti adottati durante le indagini da parte del gip e del riesame e in quella fase si sottolinea proprio quest’aspetto dei depositi bancari. Una valutazione diversa rispetto a quella formulata dai giudici della Corte. Scrive il collegio delle prevenzioni: «Già il tribunale del riesame aveva affermato nell’ordinanza confermativa della misura cautelare applicata, tra gli altri, a Zinzi Pasquale e Salvatore, come il grave compendio indiziario a carico di Pasquale sia essenziale anche per la valutazione della posizione degli altri ricorrenti, in considerazione della sua storica appartenenza all’Alleanza di Secondigliano con un rapporto privilegiato…».
Riportando alcuni passaggi di quanto scritto dal collegio del riesame: «Ed, invero, l’operazione descritta sopra ha rappresentato solo una delle modalità con le quali Zinzi Salvatore ha contribuito al riciclaggio di capitali mediante | emissione di fatture, relative alla finta vendita di merce, pagate con capitali sporchi che solo sotto il profilo contabile ha determinato l’entrata di capitali e l’uscita di merce, incrementando di fatto il valore del magazzino reale che risulta essere superiore rispetto a quello che figura in contabilità, in quanto la merce non viene consegnata in quanto la vendita è fittizia.
Altro metodo, utilizzato anche dal predetto Zinzi Salvatore, unitamente ai parenti ed al Colella Gennaro, per il perseguimento del medesimo scopo illecito, di riciclaggio proprio ed improprio, d’interesse nell’organizzazione criminale, è rappresentato dal pagamento con capitali sporchi e senza fattura, solo di parte della merce acquistata generando, anche in tal caso, squilibri contabili alle ditte, presso le quali entra merce il cui valore non è annotato nelle scritture societarie».
Il collegio infine va ad esaminare ed elencare tutti i beni immobili che comunque sono direttamente o indirettamente intestati o nella disponibilità di Salvatore Zinzi. E tra i primi dell’elenco ci sono proprio l’abitazione e il terreno prospiciente al bene immobile, più tutti gli altri che erano stati acquistati in altre località della provincia di Napoli. Ovviamente nell’elenco compaiono autovetture, moto e quant’altro; società imprenditoriali e aziende commerciali. Passando poi a valutare quanto ha dichiarato Salvatore Zinzi dal 1999 fino al 2010. Passando da un modesto 14.567 euro a 0 euro nel 2010. Stesso discorso, con qualche differenza rispetto a qualche anno, per la consorte. Nessun utile, a causa di perdite d’impresa, mentre i presunti redditi imponibili derivavano da partecipazioni in altre attività o societarie. Gli accertamenti bancari che ne sono seguiti hanno portato al sequestro della somma precisa di 61.514,61 euro come da saldo acquisito dalle forze dell’ordine presso il Banco di Napoli di Forio, più un altro conto corrente di 89.000 euro presso la banca Fideuram. Sono stati passati al setaccio i conti correnti della consorte e dei figli: «Come si è visto nella parte del presente provvedimento dedicata alla personalità dello Zinzi, egli dopo un periodo durante il quale ha svolto l’attività di cantante (che gli ha portato guadagni irrisori) è entrato nel pieno della gestione di capitali del clan attraverso la costituzione, nel 1999, della Gain sas, società che ha operato proprio nel riciclaggio del denaro del clan (anche attraverso la contemporanea direzione del fratello del proposto Pasquale), che ha movimentato capitali ingenti (come da tabella relativa al volume di affari e da dichiarazioni dei collaboratori di giustizia in precedenza esaminate) e che ha evidentemente consentito guadagni illeciti notevoli allo Zinzi.
A partire da tale momento, non essendo possibile retrodatare ancora – allo stato delle indagini – l’adesione al clan dello Zinzi, si è evidenziata la pericolosità del proposto. Come si è visto dall’analisi reddituale, né il proposto né la moglie. Cristarelli Luisa sposata nel 1977, sono in grado di giustificare gli acquisti effettuati che, a partire dal manifestarsi della pericolosità dello Zinzi, devono essere ricondotti all’attività illecita posta in essere per il clan, in concorso con il fratello Zinzi Pasquale».
E i giudici passano a specificare come sono avvenuti gli acquisti sull’isola del noto cantante: «Ciò premesso, quando il 18.3 2011 Zinzi Salvatore ha acquistato un’abitazione ed un terreno in Serrara Fontana, pagati euro 32,747 (valore dichiarato), egli non produce redditi, e analogamente era per la moglie e i figli conviventi, né redditi pregressi consentivano, come si è visto, accumulo e risparmio. Lo stesso anno, il 18.4.2011 lo Zinzi so lo in acquistava anche un’abitazione in Napoli, via Santa Maria Avvocata n 6, a seguito di asta giudiziaria, pagando la somma di euro 36.000 (cfr. decreto di trasferimento in atti), all’evidenza si tratta di esborsi incompatibili con la mancata produzione di redditi e riconducibili all’attività illecita dello Zinzi».