Se non cambia nulla, forse, ci siamo (quasi). Il condizionale e la forma dubbiosa è obbligatoria anche se gli ingredienti, questa volta, ci sono tutti. Metti un ministro del Sud che fino ad ora ha brillato poco, metti un PD che ha perso il suo premier “nato” e ricicla il presidente della regione Lazio, metti un governo di grillini mezzi morti e, vicino a tutto questo, mettici la crisi del Coronavirus. Bene, in queste oltre 700 pagine che avevano il nome di “Aprile” ce ne sono 4 che ci interessano da vicino e sono una vera bomba se, alla fine dell’iter, il decreto diventa “VERO”.
Lo stralcio del D.L. RILANCIO che ci interessa è relativo a due proposte di modifica dell’articolo 36 del DPR 380/2001. La norma introdotta dal governo Conte bis, è ispirata ai principi del ravvedimento operoso che negli anni scorsi vide protagonista il prof. Bruno Molinaro e la versione beta degli attuali grillini (che non la capirono). Riqualificazione e recupero, anche del patrimonio esistente, sono due le chiavi di lettura di questa proposta.
Oltre alla bontà del testo, però, non può passare senza essere evidenziato anche un passaggio molto chiaro che, testualmente, definisce “fantasiose, gigantesche ed inattuabili (socialmente ed economicamente)” le tanto invocate “campagne di abbattimento”.
La prima proposta “Modifica il T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Il comma 1, al fine di rilanciare il settore edilizio, introduce, a regime, la possibilità per i comuni di approvare appositi Piani Attuativi di Riqualificazione Urbana con specifica attenzione ai valori paesaggistici. Il comma 2 introduce una sorta di condono edilizio, prevedendo che interventi edilizi già presentì sui territori interessati possono ottenere il permesso di costruire in sanatoria, se conformi ai Piani Attuativi di Riqualificazione Urbana.”
La seconda, un po’ pleonastica, invece, “Sostituisce l’articolo in materia di Accertamento di conformità prevedendo che, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso, ovvero in assenza di SCIA, o in difformità da essa, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possa, fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, richiedere il rilascio del permesso in sanatoria o presentare una SCIA in sanatoria, qualora l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.”
Il percorso è ancora molto lungo e il rapporto tra le leggi e governo sembra essere molto in stabile, però, bisognerà vedere se, con l’approvazione della norma, verrà prevista anche la sospensione delle procedure di demolizione allo stato pendenti e non ancora eseguite. Per ora è un buon segnale e, come si suol dire, la fame fa uscire il lupo dal bosco!
Certo, non siamo davanti alla soluzione definitiva al problema (quale sarebbe?, ndr) ma la proposta di modifica dell’art. 36 è già un inizio. Avremo sempre i problemi il requisito della doppia conformità, ma questo aspetto lo possiamo affrontare un attimo dopo che tutto questo sia diventato “efficace”.
Come cambia l’articolo 36
All’articolo 36 del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 è aggiunto il seguente articolo: “art. 36 bis. 1. Al fine del rilancio dello sviluppo e dell’incremento dei livelli occupazionali per le imprese e le attività produttive legate ai settori dell’edilizia, della rigenerazione urbana e della riqualificazione paesaggistica ed ambientale del territorio i Comuni, sentite le Regioni e le Soprintendenze territorialmente competenti, predispongono ed approvano appositi Piani Attuativi di Riqualificazione Urbana con specifica attenzione ai valori paesaggistici. 2. Al solo fine dell’attuazione dei Piani Attuativi di Riqualificazione Urbana di cui al comma 1, gli interventi edilizi già presenti sui territori interessati possono ottenere il permesso di costruire in sanatoria, se conformi ai predetti Piani”.
LA RELAZIONE
L’intervento proposto non comporta oneri a carico della finanza pubblica. L’Italia è tra i pochi Paesi ad economia avanzata in cui la voce “rigenerazione urbana” è del tutto assente tra gli indicatori economici che concorrono alla costruzione del P.I.L. nazionale. Il comparto dell’edilizia, soprattutto di quella privata, con le enormi conseguenze in termini occupazionali diretti ed indotti e con altrettante implicazioni sul mancato sviluppo economico derivante dalla crisi di questo importante settore dell’economia reale, soffre della mancanza ormai ultra trentennale di prospettiva e strategia. La crisi del settore deriva prevalentemente da una non superata visione pubblicista delle trasformazioni territoriali e dalla consolidata equazione “Edilizia Privata = Speculazione + Saccheggio indiscriminato delle risorse territoriali collettive”; salvo poi verificare nella realtà lo scempio del territorio e del paesaggio italiano prodotto dai massicci investimenti per la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e dei desolanti quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) che hanno definito il volto della città contemporanea. La norma in questione ha come obiettivo principale quello di sbloccare, con una maggiore incisività per le regioni del mezzogiorno, lo stallo del settore unendo gli interventi di riqualificazione edilizia del patrimonio privato all’attuazione di specifici Piani di Riqualificazione, redatti ed approvati dalla Pubblica Amministrazione, che dovranno dettare precisi indirizzi per l’adeguamento del patrimonio esistente alle esigenze di qualità urbana sottesa all’interesse pubblico. Il tema della semplificazione dei procedimenti amministrativi deve qui essere inteso nei termini di sblocco totale di procedimenti storicamente incancreniti che, alla luce dei fatti, non trovano soluzione né in fantasiose ipotesi di gigantesche e inattuabili (economicamente e socialmente) campagne di abbattimenti né in ulteriori proposte di condoni edilizi generalizzati ma, con buona probabilità, in programmi mirati di riqualificazione in cui una vera sinergia pubblico-privato renda concretamente perseguibili gli interventi di adeguamento del patrimonio esistente ai suddetti Piani mediante il riconoscimento della semplice conformità urbanistica agli stessi.
Bruno Molinaro: “un piano salva case, salva territorio e salva paesaggio”
Per capire la bontà del testo proposto dal governo abbiamo chiesto un parere all’avvocato Bruno Molinaro.
Avvocato, la norma inserita nel Decreto “Rilancio” sembra essere una vera bomba, in particolare per Ischia. Cosa ne pensa?
«Rilancio, questa parola dice tutto. Se dovesse essere approvata – ci ha detto l’avvocato Molinaro -, saremmo, a mio avviso, di fronte ad una riforma epocale. Significherebbe, infatti, che l’emergenza da coronavirus, secondo le intenzioni del proponente (Ministero per gli Affari Regionali) dettate soprattutto dall’esigenza di dare nuova linfa al paese contro l’economia stagnante nel settore strategico dell’edilizia, avrebbe finalmente determinato il superamento degli steccati ideologici che da oltre sedici anni hanno impedito al legislatore di mettere in campo iniziative volte alla definitiva regolarizzazione dell’enorme patrimonio edilizio esistente.
La ricetta dovrebbe essere, in pratica, quella della “riqualificazione” o “rigenerazione” urbana, con particolare attenzione ai valori paesaggistici, che tanto ricorda la proposta sul “ravvedimento operoso” che preparai anni fa per i ragazzi del Movimento 5 Stelle di Ischia. Questa proposta del “ravvedimento operoso” era basata, appunto, sulla riqualificazione degli immobili mediante la esecuzione di opere di prevenzione del rischio sismico ed idrogeologico, di bonifica, di messa in sicurezza permanente, nonché di interventi di bioedilizia, di potenziamento dell’efficienza energetica e di risparmio delle risorse idriche, nell’ottica di un miglioramento complessivo della qualità architettonica, energetica ed abitativa, oltre che della razionalizzazione e contenimento del consumo del suolo.
La nuova proposta prevede, in buona sostanza, la sanatoria edilizia degli immobili che risulteranno in linea con i piani di riqualificazione urbana. Questi piani “salva case, salva territorio e salva paesaggio” dovrebbero essere approvati dai Comuni, sentite la Regione e la Soprintendenza. Ritengo molto interessante e significativo il passaggio contenuto nella relazione di accompagnamento sulle “fantasiose, gigantesche ed inattuabili (socialmente ed economicamente) campagne di abbattimento”. Bisognerà vedere ovviamente se, con l’approvazione della norma, verrà anche prevista la sospensione delle procedure di demolizione allo stato pendenti e non ancora eseguite. Vi è da dire però che, quando vengono approvare normative di questo tipo, la sospensione dei procedimenti sanzionatori viene considerata una scelta obbligata (e la relazione accredita tale interpretazione). Sicuramente è un segnale forte contro l’ipocrisia e il giustizialismo pseudopolitico e di facciata, seppur sospinto dalle necessità contingenti (la fame fa uscire il lupo dal bosco).
Può sicuramente rappresentare, con gli opportuni accorgimenti, la soluzione definitiva al problema. Certo è che la proposta è singolare perché non fissa alcun criterio o parametro cui dovrebbero conformarsi i piani, né prevede la monetizzazione degli abusi tipica di qualsiasi normativa in materia di condono edilizio. In pratica viene affidata alla discrezionalità della civica amministrazione, sotto la supervisione della Regione e della Soprintendenza, la scelta degli immobili da salvare e di quelli da abbattere in quanto non suscettibili di alcun recupero urbanistico e paesaggistico. Non sarà un compito semplice – conclude Molinaro – ma il buon senso (ancorato ad estetica e sicurezza) potrebbe farla da padrone e non scontentare nessuno. L’altra proposta di modifica dell’art. 36 non è, a mio avviso, risolutiva in quanto mantiene pur sempre il requisito della doppia conformità. Questa norma, tuttavia, finirebbe per diventare inutile e sostanzialmente ridondante laddove dovesse essere approvata l’altra sulla riqualificazione urbana. Aspettiamo gli eventi e valuteremo meglio le cose.»