Ho sempre sostenuto che certi giochi di guerra, così come la politica e la diplomazia ai massimi livelli, volano ben più in alto delle nostre teste e tutt’altro che alla portata del nostro sguardo e della nostra comprensione. Poi, però, si arriva ad un punto in cui la pura sostanza dei fatti schiarisce le idee anche ai più distratti o agli ortodossi dalla fede incrollabile. E a quel punto, con tutta probabilità, il cervello potrebbe anche riprendere a ragionare.
La giornata di ieri, perlomeno mentre sto scrivendo questo pezzo, si è caratterizzata per due eventi che a mio giudizio, se analizzati con la giusta attenzione, confliggono fortemente tra loro: l’ordine di arresto per Netanyahu e Gallant dalla Corte Penale Internazionale e l’ultimatum di Putin agli Stati Uniti dopo il primo attacco balistico intercontinentale sperimentato su Dnipro.
Premesso che io sopporto Netanyahu come i peperoni imbottiti a cena o il formaggio grattugiato sugli spaghetti alle vongole, trovo disgustoso che le istituzioni ONU applichino le norme di diritto internazionale equiparandone il trattamento a quello dei leader di Hamas, mentre si continua a sostenere fin troppo onerosamente e ingiustificatamente l’Ucraina in una guerra che molto presto potrebbe provocare ben più di una grana al mondo intero.E quest’ultimo passaggio dovrebbe far riflettere anche la maggior parte dei leader europei ed alleati NATO. Perché allorquando un presidente statunitense in carica, ritenuto inidoneo a correre per la riconferma alla Casa Bianca ma in grado di governare fino a gennaio, si permette il lusso di dare il via libera a Zelensky per utilizzare in territorio russo le armi ricevute in aiuto dagli USA, quando fino a un attimo prima della vittoria di Trump glielo aveva categoricamente proibito, non bisognerà meravigliarsi se poi Putin, dopo il Donbass, faccia qualche altra “prova di tiro” verso l’Alaska, giusto per far capire che quando parlava di “conflitto dagli elementi di carattere globale” minacciando di colpire chi arma Kiev non scherzava affatto e che occorre veramente un attimo per allungarne la traiettoria. Alla luce di queste considerazioni, siete ancora convinti che la definizione di buoni e cattivi che il giornalismo di sistema intende propinarci sia accettabile? O forse è il caso di cominciare a riflettere su quella ragione che, come la verità, potrebbe sì stare nel mezzo, ma non certo sempre dalla stessa parte? Io vorrei soltanto che tanti pseudo-leader, piuttosto che cazzeggiare con le frasi di circostanza e l’allineamento agli ordini di scuderia, cominciassero una buona volta a tutelare seriamente l’integrità e la sicurezza della gente comune, evitando di esporci tutti, chi più chi meno, a dei rischi globali insostenibili pur di tenere in piedi chissà quali strategie e, soprattutto, interessi.
Daily 4ward di Davide Conte del 22 novembre 2024