“Spalancate le porte a Cristo”, per dirla alla San Giovanni Paolo II maniera. E va anche bene fare lo stesso con un suo ministro nel ricevere il dono della Parola e, magari, dell’Eucarestia, o semplicemente la benedizione pasquale della casa. Ma non chiudetele in faccia per sempre a un sacramento e al vostro consorte, col quale avete anche procreato! Peggio ancora se alla Vigilia di Natale, con un metodo che ricorda tanto un famoso compianto albergatore di Ischia, che nello stesso giorno era solito comunicare telefonicamente il licenziamento in tronco al dipendente sgradito di turno giusto per rovinargli la festa nel migliore dei modi e fargliela ricordare per sempre. O come quando, ad esempio, ti muore una persona cara nel giorno del tuo compleanno: eventi tristi e singolari che riescono a segnarti per la vita intera, altro che festeggiare!
Ha ragione chi, come me, sostiene che la Chiesa Cattolica Romana non riesca da tempo a porsi al passo coi tempi e, quindi, a svecchiarsi, specialmente nel tentativo di riavvicinare la gente al culto e alla fede. Domenica scorsa sono stato a messa alla Chiesa di San Pietro: la celebrazione delle 10.30, abitualmente definita quella della “comunità dei giovani” mai rinnovatasi più di tanto e oggi costituita da un solido gruppo di sessantenni, aveva un pubblico scarno come non mai. Ma non è certo un problema esclusivo dell’ottimo don Gioacchino: lo si riscontra un po’ ovunque, basta girare per chiese. E quelle di Ischia parlano molto più chiaro che altrove! Tuttavia, oggi non è questo il punto.
All’inizio di questo nuovo anno giubilare fortemente voluto da Papa Francesco all’insegna della speranza e iniziato, tra un’apertura di porta santa e l’altra, con il cambiamento epocale della prima nomina di una religiosa a ministro della Santa Sede (per dirla in gergo poco vaticano), vogliamo ancora arrovellarci sul problema del celibato dei preti rispetto alla loro stessa manifesta infedeltà? Ha ragione l’amica Melania Di Meglio quando dice che consentire loro di mettere su famiglia potrebbe essere un rimedio alla crisi vocazionale e alla frequente incapacità d’ascolto ed aiuto dei sacerdoti per scarsa esperienza di vita, per quanto il sacerdozio rischierebbe così di diventare un mestiere come l’altro per portare il pane a casa. Ma in una società moderna in cui ad ogni legge sembra indispensabile dover trovare un inganno ad hoc, dove la trasgressività pare diventare l’antidoto alla noia preferito un po’ da chiunque, dove le scorciatoie (non solo cognitive) rappresentano la giustificazione preferita dai più per dribblare i propri doveri ed impegni verso sé stessi ed il prossimo, quanto è realmente difficile per un ministro di Dio mantenere intatta la propria vocazione e rispettare non solo il voto di castità ma, ancor prima, la famiglia degli altri in quanto “chiesa domestica” dietro l’angolo e nella sua stessa parrocchia?
Daily 4ward di Davide Conte del 8 gennaio 2025