Un ennesimo scontro tra confinanti per abusi edilizi, stavolta a Ischia, che vede il Comune “incassare” l’annullamento di una SCIA in sanatoria e la condanna al pagamento di 2.000 euro di spese. Una sentenza che mette in luce le contraddizioni contenute negli atti dell’Ente.
Un cittadino difeso dall’avv. Antonio Iacono aveva presentato diffida per l’annullamento di quella SCIA, ma il procedimento, dopo un iter “contorto”, era stato archiviato dal responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia. Non tutte le richieste del ricorrente sono state accolte, come quella del risarcimento del danno, ma il provvedimento che sanava gli abusi è stato cancellato.
Nella diffida erano state denunciate «una serie di incongruenze e irregolarità relativamente alla SCIA 2019, per la sanatoria ex art. 37 TUEd» di opere in un palazzo di via Iasolino, tra cui la eliminazione del sottotetto. Il Comune dava comunicazione ai proprietari, dando preavviso «dell’intenzione di procedere all’annullamento della SCIA per le ragioni indicate», ma concedeva un termine per il deposito di memorie e documenti e anzi prorogava la chiusura del procedimento per acquisire sempre dagli interessati ulteriori memorie e documentazione. Dopo la trasmissione della consulenza privata, il responsabile dell’ufficio faceva retromarcia e anziché annullare la SCIA come preannunciato, archiviava la diffida del confinante.
Di qui il ricorso, fondato su ben sette motivi, ad iniziare dalla contestazione della comunicazione dei motivi ostativi ai confinanti. Solo questo motivo è stato ritenuto infondato, in quanto corretta l’azione del Comune nell’esercizio dei poteri di “autotutela” nel rispetto della legge 241/90.
LA REGOLARIZZAZIONE POSTUMA
Il ricorrente censurava la contraddittorietà del provvedimento rispetto alla intenzione precedentemente espressa: «Il provvedimento difetterebbe quindi di adeguata motivazione non indicando per quale ragione sarebbero condivisibili gli scritti prodotti dai confinanti e sarebbe illegittimo anche per contraddittorietà dal momento che il comune aveva preannunciato la declaratoria di inefficacia della SCIA sulla base di una articolata motivazione mentre ha poi compiuto un totale revirement recependo, in modo acritico, un parere urbanistico prodotto dai controinteressati».
Ancora eccepiva che «non sussistevano i presupposti per la regolarizzazione postuma della unità immobiliare oggetto della SCIA in sanatoria in quanto «il PRG del comune di Ischia per le zone A1 comprendenti anche l’area portuale (ove ricade l’immobile in questione), ritiene ammissibili solo gli interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo; la SCIA postuma violerebbe quindi le prescrizioni del vigente P.R.G. e confliggerebbe anche con il vincolo di inedificabilità assoluta imposto dalla legge a tutela dei territori costieri».
Ancora, «diversamente da quanto ritenuto dal consulente di controparte, era necessaria la preventiva autorizzazione paesaggistica, considerato che: la falda interna della caratteristica copertura di coppi soprastante Via Iasolino, diversamente da quanto affermato, non è stata oggetto di modifica leggera ma bensì di completa demolizione e successiva sostituzione con solaio piano a quota diversa». Inoltre l’originaria superficie utile abitabile risulta incrementata e c’è stata la trasformazione del sottotetto in superficie abitabile. Rilevante anche la modifica della sagoma e dei prospetti avvenuta nel 1968 «con l’eliminazione della caratteristica falda spiovente a coppi posta a copertura dell’ambiente prospiciente la strada pubblica Via Iasolino e l’apertura di quattro nuove aperture nel muro perimetrale sud/ovest, con affaccio e veduta sulla proprietà del ricorrente».
ALTERATA LA STATICA
In sostanza «tutte le irregolarità riscontrate portano a classificare le opere come un intervento che ha portato ad un organismo edilizio in tutto diverso da quanto assentito, con modifiche della volumetria complessiva, aumento della superficie utile e mutamento della destinazione d’uso, nonché modificazioni della sagoma dell’edificio, oltretutto sottoposto a vincolo paesaggistico; si trattava quindi di un intervento di cui all’articolo 10 comma c) del DPR 380/2001 che necessitava di permesso di costruire». Ancora, «in ogni caso, le opere oggetto della SCIA contrasterebbero con la normativa paesaggistica che non consentirebbe gli interventi realizzati sull’immobile in questione situato in area sottoposta a tutela paesaggistica e che ricade nella zona Protezione Integrale del Piano Paesistico».
Si puntava il dito contro il mancato rispetto «delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti», in quanto «la modifica dell’originale e tipica copertura a falde ha stravolto l’originale e caratteristico disegno del prospetto dell’edificio». Tutt’altro che una ristrutturazione edilizia, ma un totale “stravolgimento”, e per di più all’interno del centro storico.
Infine anche un problema di sicurezza, in quanto «l’intervento avrebbe alterato lo schema statico originario, in quanto: è stato eliminato un muro portante sul quale poggiava la falda del tetto; è stato realizzato un solaio piano al posto della copertura a falda; è stato abbassato l’impalcato di calpestio del solaio intermedio». Interventi eseguiti «su vecchio edificio in muratura di tre piani rimaneggiato nel corso degli anni oltretutto prospiciente strada pubblica».
MODIFICA DI SAGOMA E PROSPETTI
Il collegio della Sesta Sezione del Tar ha innanzitutto ritenuto infondate le eccezioni di inammissibilità proposte sia dal Comune d’Ischia che dall’unico controinteressato costituitosi. In primo luogo quella per mancata impugnativa della SCIA del 26 giugno 2019 e per decorso dei termini per provvedere in autotutela. In particolare, in questo caso, l’Amministrazione non era tenuta al rispetto del termine massimo «in quanto la SCIA presentata e le relative asseverazioni riportano delle dichiarazioni non veritiere e fuorvianti».
E qui i giudici già rilevano che «diversamente da quanto dichiarato sono state realizzate opere in conglomerato cementizio armato con conseguente necessità delle verifiche sismiche; diversamente da quanto dichiarato, l’intervento ricade in zona sottoposta a tutela paesaggistica e le opere in questione necessitavano di autorizzazione paesaggistica avendo comportato una rilevante modifica di sagoma e prospetti e riguardando una parte dell’immobile che non era oggetto di opere di cui alla licenza edilizia del 1967 e relativa autorizzazione paesaggistica; diversamente da quanto dichiarato c’è stato un aumento di superficie utile e volumetria che non poteva rientrare nella richiamata tolleranza del 3% riguardando una parte dell’immobile che non era oggetto di opere di cui alla licenza edilizia del 1967». Acclarato anche l’interesse del ricorrente, in quanto «proprietario di un immobile confinante con quello presso il quale sono stati realizzati i contestati interventi e lamenta, come da perizia depositata, l’apertura di due finestre sulla sua proprietà in violazione delle distanze legali nonché la possibile incidenza degli interventi denunciati sulla statica dell’edificio».
DIFETTO DI MOTIVAZIONE
Il collegio presieduto da Santino Scudeller ha confermato il difetto di istruttoria e di motivazione.
Subito la sentenza pone in evidenza le contraddizioni in cui è incorso il responsabile del Sue: «Innanzitutto si rileva che il comune, dopo aver preannunciato sulla base di un articolato percorso motivazionale, l’“l’annullamento” in autotutela della scia, con il provvedimento del 4 aprile 2022 ha dichiarato chiuso il “il procedimento amministrativo del 06.08.2021, con l’archiviazione della nota del 28.07.2021” limitandosi a riportare, in virgolette, quanto contenuto negli scritti difensivi prodotti dai confinanti e ad affermare che la documentazione allegata alla nota del 10 gennaio 2022 dei confinanti offriva “valide controdeduzioni” in merito alle contestazioni di cui al preavviso, senza indicare le ragioni per cui era pervenuto a tale conclusione».
Ma arrivano altre “bacchettate”: «Fondate sono, inoltre, le censure con cui il ricorrente contesta le conclusioni del consulente dei controinteressati, cui il comune si è limitato ad aderire. Va rilevato, innanzitutto, che l’intervento, realizzato su di un immobile situato nella zona A1 del PRG comunale ed incluso nel perimetro del centro storico nonché in area sottoposta a tutela paesaggistica, esula dalla licenza edilizia rilasciata nel 1967 e dalla relativa autorizzazione paesaggistica: dalla documentazione relativa a tale licenza edilizia e correlata autorizzazione paesaggistica, infatti, si evince che restava sostanzialmente immutata la porzione di fabbricato prospicente via Iasolino, consistente in una camera al piano primo avente altezza interna di mt. 4,50 e soprastante sottotetto di altezza utile massima di mt. 1.90, caratterizzato dalla tipica copertura a doppia falda speculare con coppi.
Con gli interventi in questione è stato poi realizzato, senza qualsivoglia preventivo titolo edilizio e paesaggistico, un incremento di superficie utile abitabile con modifica della sagoma e dei prospetti dell’immobile in zona paesaggisticamente vincolata (vincolo paesaggistico già previsto dal DM del 9 settembre 1952) e che ricade nella zona di Protezione Integrale del Piano Paesistico dell’Isola d’Ischia: c’è stata infatti la trasformazione del sottotetto in superficie abitabile con l’abbassamento del solaio intermedio, demolizione e sostituzione della falda inclinata a coppi con l’attuale solaio piano, in continuazione a quello degli ambienti limitrofi, e l’apertura di nuove aperture nel muro perimetrale sud/ovest».
L’ACCERTAMENTO DI CONFORMITA’
Per i giudici «tale intervento complessivamente realizzato necessitava di permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, comma 1 lettera c) TUEd oltre che di preventiva autorizzazione paesaggistica. Il titolo per richiedere la sanatoria avrebbe dovuto essere, quindi, la richiesta di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del DPR 380/2001 e non dell’art. 37 del medesimo DPR.
Inoltre, le opere realizzate abusivamente non potevano rientrare tra quelle che non necessitavano di preventiva autorizzazione paesaggistica, di cui ai punti A.1, A.2 e A.31 dell’Allegato A del DPR n.31 del 2017, considerate le caratteristiche dell’intervento complessivamente realizzato sull’immobile in questione e tenuto conto che, come sopra già detto, tali opere non potevano farsi rientrare nella licenza edilizia del 1967 né nella relativa autorizzazione paesaggistica; né, per tale ragione, poteva alle stesse essere applicato il regime delle tolleranze».
Oltre alle violazioni in materia paesistica, altrettanto rilevante è la questione sicurezza. Scrivono infatti i giudici, recependo i timori del ricorrente: «Infine, diversamente da quanto dichiarato nella SCIA, è stato realizzato, in sostituzione e abbassamento del precedente solaio, un solaio di calpestio in conglomerato cementizio e la consulenza strutturale presentata il 5 novembre 2021 ai fini della valutazione della sicurezza statica non può ritenersi esaustiva sotto il profilo strutturale, come invece genericamente ritenuto dal comune, in quanto la stessa rappresenta esclusivamente un parere del professionista incaricato sulla capacità portante della porzione di solaio analizzata mentre è lo stesso professionista a precisare che i risultati della valutazione sono “scaturiti e condizionati dalle limitate indagini che lo scrivente ha potuto eseguire, indagini che andrebbero approfondite al fine di ottenere una valutazione completa dell’intero stabile”».
Aspetti sufficienti per “cancellare” quella SCIA che il Comune prima riteneva di annullare, ma poi ha deciso di “salvare”. Sbagliando.