Paolo Mosè | Una condanna e due assoluzioni. E’ questa la decisione del tribunale per i fatti legati alla morte della piccola Lara e del sub-istruttore Antonio Emanato, che perirono in una grotta della Secca delle Formiche a poca distanza dalla costa di Ischia. Riconosciuto colpevole di omicidio colposo Eduardo Ruspantini, condannato alla pena di anni due di reclusione (il pm Francesca De Renzis aveva chiesto due anni e sei mesi), mentre sono stati assolti Ornella Girosi (la richiesta della Procura era di due anni secchi) e Francesco De Luca, conformemente alle conclusioni del rappresentante della pubblica accusa.
Sono stati una mattinata e un pomeriggio ricchi di discussioni, tutte ad appannaggio della difesa, che hanno cercato di scardinare il quadro accusatorio. E in parte ci sono riusciti per due dei tre imputati per i quali il giudice ha scelto la formula per non aver commesso il fatto. Resta dispiaciuto il Ruspantini, che si aspettava un’assoluzione, anche se il proprio difensore chiedeva a conclusione come subordinata il minimo della pena. I fatti accaddero nell’agosto del 2017, pochi giorni prima che si verificasse un altro tragico evento, con la improvvisa scossa tellurica che manifestò tutta la sua potenza in località Maio a Casamicciola e Fango a Lacco Ameno. Provocando due morti, diversi feriti e soprattutto danni alle unità immobiliari.
LA DIFESA DI GIROSI
E’ stata un’udienza tutta incentrata sul demolire la determinazione del pubblico ministero cercando di far emergere che se esiste un responsabile, questo è da individuare nel sub Antonio Emanato che accompagnava Lara nell’immersione. Molto articolata e soprattutto lunga l’analisi degli eventi da parte dell’avv. Marco Napolitano, difensore di Ornella Girosi, il quale ha subito messo in evidenza un aspetto molto chiaro: «Siamo in presenza di un quadro accusatorio inesistente. Dall’altro abbiamo un pubblico ministero che non ha provato alcunché, un onere che non ha portato nulla di significativo».
E subito dopo ha aggiunto: «Emanato aveva il brevetto di istruttore e quindi su di lui ricadeva la responsabilità di seguire e garantire la piccola Lara. Tutto ruota sul famoso passaggio della barca del diving, che è disciplinato da delle regole ben precise. E ciò dimostra che non è vero che Emanato avesse abbandonato l’attività di istruttore seguendo coloro che amano immergersi. Lo dimostra in modo inequivocabile la documentazione acquisita nella fase delle indagini preliminari. E si è scoperto anche che in quel 2017 egli era in possesso dell’autorizzazione per l’accesso all’Area Marina Protetta ed è quindi difficile affermare che avesse abbandonato l’attività di istruttore di sub. E un po’ tutti, soprattutto a Baia, erano a conoscenza della professionalità di Emanato e lo sapevano anche i genitori della piccola Lara».
GRUPPI SEPARATI
Quest’ultimo aspetto è stato sviscerato nella fase dibattimentale quando sono stati escussi i testimoni. Ed in particolare il papà di Lara, che riferì di non essere a conoscenza che l’Emanato non fosse più in possesso del necessario patentino di istruttore. Di averlo appreso dopo la tragedia. E sul punto l’avv. Napolitano ha ulteriormente sottolineato che «Emanato tranquillizzò Scamardella, papà di Lara, sull’assenza di rischi nella immersione per raggiungere la Secca delle Formiche. I due, infatti, si conoscevano da tempo e si stimavano. C’era stata quindi fiducia del genitore verso l’esperto sub. La ragazza viene affidata dai genitori senza chiedere dove si sarebbero immersi, ma erano certi della confermata professionalità dell’Emanato, che in determinate situazioni è necessaria e come».
In questo caso, però, non è bastato. La difesa è ritornata nuovamente su questo tragitto, passaggio richiesto al diving di Baia. E’ un tema molto dibattuto durante il processo, in quanto in questo settore vi sono una infinità di regole da rispettare e richieste di valutare ogni possibile rischio tenendo conto delle direttive delle varie Capitanerie, che non sempre coincidono tra loro: «Il passaggio concesso non può essere da solo elemento fondante per ancorare una richiesta di penale responsabilità. E’ accertato che i gruppi erano nettamente separati ed Emanato stava per i fatti suoi. Lo confermano i testimoni escussi che a loro volta hanno precisato che l’Emanato sin dall’inizio non ha voluto seguire l’immersione organizzata e diretta dal diving».
Il difensore ha snocciolato tutta una serie di norme legislative, ordinanze degli organi competenti e quelle dell’Area Marina Protetta, che ha pertinenza sulla Secca delle Formiche. Spiegando che vi è un groviglio di interventi che non sempre vanno nella direzione di rendere più agevole l’attività sportiva in questo caso. Difendendo il ruolo della Girosi: «La imputata aveva il compito di guida del gruppo e quindi non era responsabile in tutte le attività legate all’immersione, non avendo in quella circostanza la qualifica di istruttore degli aspiranti sub. Ma ciò che preme sottolineare a questa difesa è capire quale è il nesso di causalità tra l’evento tragico e il ruolo avuto dalla Girosi. Ne chiedo l’assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto; in via subordinata assoluzione con la formula dubitativa e in via gradata minimo pena».
LA POSIZIONE DI DE LUCA
La posizione di Francesco De Luca è stata supportata nell’intervento dell’avv. Caterina Migliaccio, che insieme al noto penalista napoletano Claudio Botti ne ha ravvisato la estraneità della condotta originariamente espressa dall’accusa nella richiesta di rinvio a giudizio. E’ proprio partendo dalla requisitoria del pm De Renzis che la Migliaccio ha ricordato che «grazie alle conclusioni del pm, che ha chiesto per il nostro assistito l’assoluzione, a dimostrazione della totale estraneità ai fatti. Ma dico di più: De Luca non doveva essere rinviato a giudizio, anzi neanche iscritto nel registro degli indagati. L’imputato, è stato accertato, non era né una guida né un istruttore e non si capisce bene con quale modalità viene chiamato ad un certo punto responsabile della barca, ma così non è. De Luca invece è un cliente del diving e partecipa a quell’incontro per raggiungere la Secca delle Formiche. E basta. Con il brevetto conseguito De Luca era autorizzato a raggiungere la profondità massima di 40 metri, ma non era in possesso del brevetto di istruttore. E come abbiamo dimostrato, egli in quell’arco temporale non aveva alcun ruolo decisionale».
L’unica richiesta secca avanzata dall’avv. Migliaccio e senza subordinata è stata di assoluzione perché il fatto non sussiste.
IL RUOLO DI RUSPANTINI
L’ultimo a discutere è stato l’avv. Oronzo Vizzi per Eduardo Ruspantini. La posizione forse più complessa e sulla quale ha dovuto intervenire su più aspetti di questa vicenda. Anche se la difesa si è dimostrata convinta dell’innocenza concludendo con le formule più ampie e solo per scrupolo professionale una subordinata con un minimo pena. Ed è stata quest’ultima richiesta accolta dal giudice. Ha ricordato che sin dall’inizio del processo l’obiettivo del difensore e del Ruspantini era una sola cosa: «Il nostro interesse è sempre stato rivolto a raggiungere la verità».
E si è arrivati ad una verità giudiziaria, perché non si è capito, dopo questo dibattimento durato alcuni anni, del perché si sia entrati in questa grotta per una esplorazione che è diventata una vera tomba nei fondali tra Ischia e Procida. Chiedendosi, il difensore, del perché ci sia stata una contrapposizione tra le parti private: «Non si capiscono i motivi di questo astio delle parti civili nei nostri confronti. Noi siamo vicini al papà di Lara, che oggi è un uomo distrutto per ciò che gli è accaduto e che è stato udito in quest’aula, raccontando tutto ciò che era a sua conoscenza in modo lineare».
Il vero obiettivo della difesa di Ruspantini è certamente il sub istruttore che aveva accompagnato Lara in questo viaggio senza ritorno. Ritenendolo l’unico responsabile di ciò che era accaduto in quel periodo di Ferragosto di tre anni e mezzo fa. Ed è stato in tutto questo processo il perno principale dove è ruotato il confronto tra le parti. Spiegando che non era vero che avesse smesso la sua professione, che era stata per molti anni l’attività principale: «E’ stato accertato che Emanato ha portato in barca il figlio del comandante della Capitaneria di Porto di Baia. E continuava nell’organizzare visite guidate sulla Secca delle Formiche. E tutto ciò come era possibile? Un’attività che, bisogna dirlo, è regolamentata».
Passando a visualizzare ciò che si sarebbe dovuto fare in quel tipo di immersione che ha portato poi al decesso di entrambi: «Si è parlato a lungo in questo processo del famoso Filo di Arianna, ma di ciò non si sa nulla. Se n’è parlato solo».
IMMERSIONE TROPPO LUNGA
L’altro aspetto è un elemento altrettanto importante. Vale a dire quanto ossigeno era stato consumato e quanto ne restava disponibile. Un sub esperto, ha spiegato, ha il dovere di tenere conto della riserva sui tempi di permanenza in acqua. Si sarebbe quindi valutato erroneamente l’aria consumata con quella rimasta per ritornare in superficie. «Emanato – ha proseguito l’avv. Vizzi – ha sbagliato i tempi massimi per rimanere in immersione e questo è uno degli aspetti che ha causato il dramma, come si vede benissimo dalle immagini che Lara indossava in modo erroneo il boccaglio. E di questo Emanato si sarebbe dovuto immediatamente accorgere ed eseguire il corretto posizionamento di uno strumento importante per l’immersione. Come è dimostrato in modo inequivocabile che Lara ed Emanato facevano gruppo a sé. Rispetto all’altro gruppo organizzato dal diving, che si è immerso autonomamente. Come non si è accorto che Lara durante l’escursione della Secca consumava in modo anomalo l’ossigeno e un sub esperto come Emanato avrebbe dovuto intervenire e ricondurre la ragazza in superficie. Non è accaduto. E tutto questo si è consumato prima che entrassero nella grotta. Come sia possibile entrare nella grotta senza una preparazione adeguata di almeno un giorno e stendere il famoso Filo di Arianna. Non è stato fatto. In quelle condizioni, dicono gli esperti, si poteva scendere al massimo a 12 metri di profondità».
Sono articolate le richieste, più di una, per dare al tribunale la possibilità di valutare ogni possibile soluzione. La prima richiesta è indubbiamente la più ampia prevista dal nostro ordinamento con l’assoluzione perché il fatto non sussiste. In seconda battuta un’assoluzione con la formula che il giudice riterrà più opportuna ma con la formula cosiddetta dubitativa. La terza soluzione il minimo della pena nel caso il tribunale valutasse negativamente l’imputato nella ipotesi così come contestata. Opponendosi in modo categorico a qualsiasi risarcimento del danno e soprattutto a una provvisionale immediatamente esecutiva. E su quest’ultimo punto il tribunale ha seguito la sollecitazione della difesa, disponendo che per quanto riguarda Ruspantini la valutazione del danno è del giudice civile.