Dopo i “famosi” fatti riguardanti Don Giovanni Trofa e Don Nello Pascale, conclusisi con le “macchinazioni” del Vaticano e legati a vicende del passato (Domenico Di Meglio viveva con il cruccio del “non denunciamo” da parte di alcuni genitori, ndr), e dopo l’allontanamento di Don Antonio Angiolini durante il Covid per alcune “storie” mal gestite sui social, la Diocesi di Ischia si trova nuovamente ad affrontare una crisi del clero locale, dovuta ai suoi atteggiamenti sessuali.
Qui non si tratta di decisioni assunte dal Vescovo di turno o da altri poteri interni alla Chiesa Cattolica: questa volta – come nel caso delle religiose di Casamicciola – è la magistratura penale a giocare un ruolo centrale.
Si tratta di una vicenda ben diversa da quella che ha coinvolto Don Antonio Scala e la donna con la quale ha deciso di intraprendere un percorso di vita lontano dal sacerdozio. Quella di Scala è una scelta personale che, al di là delle difficoltà della storia in sé (tra l’altro, molto simile a tante separazioni e matrimoni finiti), non coinvolge persone offese. Il caso che stiamo trattando, invece, riguarda l’accusa più grave che il mondo intero muove contro la Chiesa Cattolica: la pedofilia. Quando, però, questa è accertata e non frutto di una singola denuncia.
La vicenda, che abbiamo raccontato ieri in anteprima assoluta, riguarda un sacerdote della Diocesi di Ischia, accusato di un reato gravissimo punito dall’articolo 609 quater del codice penale: “atti sessuali su minorenne”.
L’indagine, condotta dal pubblico ministero della IV Sezione – Fasce deboli della Procura della Repubblica di Napoli, la dottoressa Monica Campese, è stata notificata al prelato ischitano lo scorso 13 gennaio con il decreto di perquisizione locale, personale e informatica, oltre al contestuale sequestro affidato al Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Ischia, coordinato dal Luogotenente Sergio De Luca.
I Carabinieri, oltre ad aver perquisito l’immobile di residenza, gli autoveicoli e tutti gli altri immobili nella disponibilità del sacerdote, avevano il compito di sequestrare tutte le apparecchiature informatiche in suo possesso, compresi pen drive, hard disk e potenziali profili social. Inoltre, il loro incarico prevedeva l’identificazione delle diverse caselle di posta elettronica in uso all’indagato e di eventuali spazi cloud.
L’indagine, avviata a seguito di una denuncia dettagliata, è ancora nelle sue fasi iniziali ed è coperta dal segreto istruttorio. Nei confronti del sacerdote, come già detto, non è stata adottata alcuna misura restrittiva della libertà personale.
La reazione della Diocesi di Ischia
Ieri mattina, dopo la pubblicazione della nostra notizia, la Segreteria Vescovile della Diocesi di Ischia ha diffuso il seguente comunicato stampa: “Alcuni organi di stampa locali riferiscono oggi di un mandato di perquisizione e sequestro ai danni di un sacerdote ischitano, nell’ambito di un’inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli. Il Vescovo, informato della vicenda direttamente dal sacerdote, esprime fiducia nell’operato della magistratura. La delicatezza di questa fase preliminare chiama tutti a quel senso di responsabilità e rispetto verso i vari soggetti coinvolti.”
Una comunicazione, quella del Vescovo Villano, che si inserisce nel nuovo corso che la Chiesa Cattolica sta cercando di intraprendere. Solo lo scorso settembre, Papa Francesco aveva puntato il dito contro i preti pedofili e contro l’omertà che la Chiesa aveva dimostrato negli anni.
È vero, il Vescovo non ha fatto cenno alle accuse mosse al prete ischitano, tuttavia, avendo dichiarato di essere stato “informato direttamente dal sacerdote”, ha reso nota l’indagine e ha preso le distanze dal comportamento del singolo.
“Ho sentito la sofferenza di chi ha subito abusi – aveva detto Papa Francesco a Bruxelles – e lo ripeto qui: nella Chiesa c’è posto per tutti, tutti, tutti, ma non c’è posto per l’abuso, né per la copertura degli abusi. Chiedo ai Vescovi: non coprite gli abusi. Il male non si nasconde, va portato allo scoperto con coraggio”.
Certo, non siamo ancora a questi livelli, tuttavia, la nota della Curia ischitana mostra, con le dovute cautele, un primo segnale di cambiamento.
L’articolo 609 quater del codice penale
L’articolo 609 quater, sulla base del quale il sacerdote è attualmente indagato, recita: “Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609 bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto: non ha compiuto gli anni quattordici; non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia, il minore è affidato o che abbia con quest’ultimo una relazione di convivenza. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, chiunque compie atti sessuali con una persona minore che ha compiuto gli anni quattordici, abusando della fiducia riscossa presso il minore o dell’autorità o dell’influenza esercitata su di lui in ragione della propria qualità o dell’ufficio ricoperto o delle relazioni familiari, domestiche, lavorative, di coabitazione o di ospitalità, è punito con la reclusione fino a quattro anni”.
Il valore della presunzione di innocenza
Nonostante il reato contestato al sacerdote sia gravissimo, è fondamentale ricordare che, al momento, il pubblico ministero deve ancora indagare e raccogliere prove a supporto dell’accusa. Da quanto emerge nell’ambiente ecclesiastico ischitano, tale riscontro potrebbe non essere semplice da ottenere.
Per conoscere ulteriori sviluppi su questa vicenda sarà necessario attendere l’esito delle indagini. Nel frattempo, come suggerisce anche il Vescovo Villano, l’atteggiamento più corretto è quello di aspettare e mantenere un approccio garantista, anche nei confronti di chi è accusato di un reato tanto grave.
La storia di Suor Edda, assolta dalle accuse mosse nei suoi confronti dalla giustizia ordinaria, rappresenta un esempio recente di come sia importante lasciar lavorare la magistratura prima di trarre conclusioni definitive.