sabato, Dicembre 28, 2024

Tangentopoli ci ha insegnato che non vi sono stati grandi colpevoli

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Il danno maggiore è stato per i Comuni che hanno dovuto risarcire centinaia di migliaia di euro per spese legali

Paolo Mosè | Sono passati 30 anni da quell’inizio di tangentopoli che in pochissimo tempo, come un tornado, ha coinvolto l’intero Paese e certo non poteva non invadere l’isola d’Ischia. Indagini a ripetizione che coinvolsero molti esponenti della politica cosiddetta tradizionale, legata alla Democrazia Cristiana, al Partito Socialista, repubblicani, liberali e socialdemocratici. Lasciando un po’ in disparte ciò che rimaneva del Partito Comunista, che non ne è uscito affatto malconcio. Sull’isola questa formazione politica di sinistra aveva pochi consensi e quindi rappresentanti in qualche realtà municipale, ma senza ruolo di governo attivo.

E si risvegliarono coloro che un tempo erano degli oppositori con la denuncia facile, che riprese vigore. Segnalando alla magistratura e alle forze dell’ordine determinate forzature commesse dai politicanti, come venivano definiti a quel tempo. Era l’era in cui da poco tempo era scomparso uno dei democristiani più importanti dell’isola, Enzo Mazzella, che morì il 29 giugno del 1990. E dopo due anni scoppiò la rivoluzione giudiziaria. Magistrati scatenati che aprirono delle indagini su “suggerimenti”, su segnalazioni, ma soprattutto di dichiarazioni a verbale di personaggi che erano stati ammanettati. A parlare più spigliatamente erano gli imprenditori, che non avevano alcuna voglia di permanenza nel comodo hotel di Poggioreale.

FOGNOPOLI A FORIO
A quel tempo titolammo in prima pagina: «Cantano a Poggioreale». In riferimento ad una indagine molto delicata sull’appalto per la realizzazione della rete fognaria a Forio. Pubblico ministero Alfonso D’Avino, attualmente procuratore capo a Parma, che chiese ed ottenne in due tranche venti ordinanze di custodia cautelare in carcere. I primi dieci entrarono nel padiglione “Torino” tra politici locali, imprenditori e tecnici e nell’interrogatorio dinanzi al pm D’Avino chi era l’esecutore dei lavori e in qualche modo ritenuto collettore delle tangenti, per uscire rimase fino a tarda sera di fronte al magistrato per spiegare le dinamiche delle scelte che consentirono ad un raggruppamento di imprese tra i più importanti di Napoli di aggiudicarsi l’appalto. Una indagine che esplose con una seconda ondata di arresti che colpirono democristiani, socialisti in particolare ed imprenditori. Ognuno a svolgere il ruolo di scaricabarile per tentare di avere una posizione defilata ed abbandonare in fretta e furia il carcere per tornarsene ai domiciliari a casa. Con il parere favorevole del pm, il gip acconsentiva subito al ritorno in famiglia.
Ebbene, questa vicenda giudiziaria ha avuto una conclusione negli anni a venire, quando tutti erano tornati liberi da tempo.

L’unico che volle per forza accelerare per uscire definitivamente dal processo fu l’ex sindaco di Forio Gaetano Colella, che patteggiò la pena sotto i due anni e risarcendo i danni per circa 60 milioni di vecchie lire. Tutti gli altri affrontarono il processo e a presiedere il collegio il giudice Elisabetta Garzo, l’attuale presidente del tribunale. Ci fu una vera e propria moria di prescrizioni per i reati di corruzione. La maggior parte degli imputati uscirono indenni, salvo la condanna per ricettazione per l’ex onorevole Caria del Psdi a due anni e otto mesi. Poi modificata dalla Corte di Appello al ribasso. E l’ex direttore dei lavori Francesco Rispoli a un anno per falso, poi sentenza ribaltata in Corte di Appello con l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Questa era una inchiesta importante, portata avanti con determinazione dalla Procura, che si concluse in questo modo.

GAUDIOSO E BRANDI IN CARCERE
Ma la prima vera inchiesta che rientra nella cosiddetta tangentopoli ha riguardato la gestione della società”Gesac”, che tuttora gestisce i servizi a terra dell’aeroporto di Capodichino. Il sindaco di Barano Giosi Gaudioso ne era l’amministratore delegato per quota Psi, mentre nel ruolo di presidente era stato scelto dalla Dc Auricchio, già sindaco di Torre del Greco. Entrambi vennero arrestati per corruzione e abuso d’ufficio nell’ambito delle assunzioni del personale. Per una presunta spartizione dei dipendenti tra partiti e sindacati. Una prima ordinanza disposta nei loro confronti e finiti ai domiciliari, che venne successivamente revocata. Mantenendo gli incarichi ricoperti nella “Gesac”.

Questa determinazione dei due infastidì non poco i pubblici ministeri Quatrano e Cantelmo, che tornarono alla carica per un altro episodio minore contestando l’abuso d’ufficio e chiedendo la misura in carcere. Accolta dal gip, che spedì entrambi a Poggioreale e nel frangente si svolsero le elezioni che confermarono il Gaudioso alla carica di sindaco di Barano. Una notizia ripresa da tutti gli organi d’informazione nazionali. Per ottenere i domiciliari, furono costretti a dimettersi dalla “Gesac”. Questa vicenda giudiziaria è stata la prima ad arrivare in sede dibattimentale e fu seguita con attenzione dai mass media. In primo grado Gaudioso e Auricchio furono condannati a più di due anni di reclusione perché ritenuti pubblici ufficiali. La tesi sostenuta dalla procura della Repubblica, secondo la quale la “Gesac” avendo come soci il Comune di Napoli e la Provincia di fatto era un Ente pubblico, seppur una spa. Mentre per la difesa la “Gesac” a tutti gli effetti era una società di capitali con funzioni perlopiù privatistiche. Non accolta dal tribunale, ma ritenuta valida dalla Corte di Appello, che assolse entrambi gli imputati con la formula perché il fatto non sussiste e confermata in Cassazione. Per il lungo periodo di detenzione ai domiciliari e all’incirca dieci giorni in carcere la Corte di Appello decise che 12 milioni erano più che sufficienti per risarcire i due imputati innocenti. Ben poca cosa rispetto al clamore per le prime pagine dei giornali nazionali e le notizie divulgate via etere. Tale da creare un nuovo contenzioso giudiziario per ottenere il giusto risarcimento.

C’è stata l’inchiesta sulla sanità pubblica che coinvolse direttamente l’allora presidente dell’Usl 21 Giuseppe Brandi e alcuni componenti del comitato di gestione, che finirono tutti quinti in carcere. Nel prosieguo venne emessa una seconda misura cautelare per concussione per il solo Brandi. L’ex esponente democristiano rimase detenuto diversi mesi. Non ammettendo nulla e seppur pungolato dal magistrato inquirente che gli chiedeva di chiamare in causa qualche altro nome, rimase fedele al silenzio. Questo comportamento alla fine è stato utilissimo nella fase dibattimentale con la pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste. Per quella ingiusta detenzione venne offerto dalla Corte di Appello il risarcimento per miseri 37.000 euro. Poca roba per mesi e mesi di coercizione della libertà personale.

LA N.U. A ISCHIA
Un’altra inchiesta per così dire corposa, soprattutto per numero di indagati e per l’appalto vivisezionato dalla Procura partenopea, è quella del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani per il Comune d’Ischia. Un’inchiesta su cui lavorò molto l’Arma dei Carabinieri. Con continui interrogatori che si svolsero nella caserma e relazionando il pubblico ministero Isabella Iaselli, che oggi ricopre l’incarico di presidente dell’Ufficio Gip di Napoli. Torchiati gli imprenditori che si erano relazionati con alcuni politici, tecnici e finanche qualche vigile urbano. Un’indagine che stava per esplodere per le ventisei richieste di misure cautelari.

Di cui sei in carcere e le rimanenti agli arresti domiciliari. La richiesta venne depositata all’attenzione del giudice Luigi Esposito, ma non si sa come la notizia trapelò e gli attori protagonisti ne vennero a conoscenza, chiudendo aiuto ai propri legali. Quella misura cautelare non aveva più motivo di esistere, mancando l’elemento sorpresa e non sussistendo più motivo di esigenza cautelare. Vennero tutte rigettate, ma comunque i ventisei rimasero iscritti nel registro degli indagati e rinviati a giudizio a spron battuto. Un processo che nella sostanza non si svolse appieno, perché il tempo corre e la prescrizione giunse inesorabilmente. E’ quella che dichiarò il tribunale, a fronte della quale alcuni degli imputati impugnarono quella sentenza ottenendo dalla Corte di Appello l’assoluzione piena perché il fatto non sussiste.

L’EDILIZIA A FORIO
Le inchieste di tangentopoli sono diventate poi nel tempo una variabile impazzita. Si giunse finanche ad indagare un intero paese, manco a dirlo quello di Casamicciola. E riguardava una moltitudine di licenze e concessioni edilizie rilasciate negli anni pre tangentopoli. Oltre 500 pratiche con altrettanti beneficiari indagati, assessori che avevano firmato l’atto concessorio e i membri della commissione edilizia. Un vero e proprio mostro che per notificare gli atti ad ogni singolo indagato poi diventato imputato, rese l’impresa ciclopica per gli ufficiali giudiziari. L’udienza preliminare si svolse nientemeno che nell’aula bunker del carcere di Poggioreale, dove normalmente si svolgono le udienze dibattimentali dei maxiprocessi di camorra. Una soluzione per prevenire eventualmente la presenza di coloro che erano interessati all’udienza preliminare, che comprendeva anche un sostanzioso numero di avvocati. E come sempre accade, la giustizia ha partorito un topolino, piccolo piccolo. Nessun imputato è stato condannato. Si è giunti, alla fine, di “arravogliare” tutto questo mastodontico fascicolo con una sentenza di prescrizione complessiva.

Rimanendo nel campo dell’edilizia privata, c’è da ricordare che furono emessi dei provvedimenti coercitivi non particolarmente gravi per le licenze edilizie e concessioni rilasciate a Forio. Inizialmente vennero colpiti tutti i soggetti appartenenti al Partito Socialista. Gli uomini del garofano, che si sentirono indicati quali responsabili dello sfascio edilizio, reagirono chiamando in causa l’altra parte, quella democristiana. Segnalando al pubblico ministero tutta una serie di vicende ritenute illegittime. Tanto da far nascere un altro maxiprocesso con oltre 200 concessioni esaminate dai consulenti della Procura. Ebbene, questo processo per così dire che segnò una fase storica delle indagini su Forio, si è concluso come tutti gli altri.

Una parte prescritta e altra parte assoluzione perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato. Per non parlare poi delle altre centinaia e centinaia di inchieste e processi per singoli abusi d’ufficio e falsi, quasi sempre legati all’edilizia privata, che si sono conclusi con tantissime assoluzioni e qualche prescrizione. Questa è stata tangentopoli sull’isola d’Ischia, che una sola cosa ha sicuramente provocato: i Comuni isolani hanno dovuto sborsare centinaia di migliaia di euro per pagare le spese legali per difendersi da accuse che si sono dimostrate insussistenti.

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