Il Comune di Casamicciola Terme è stato bacchettato sonoramente anche dal Tar Campania (dopo le iniziative dell’Agcom) per la gestione della procedura per i tavolati espletata tra la primavera e l’inizio dell’estate scorsa. Il Tar ha accolto il ricorso introduttivo presentato dall’imprenditore terzo classificato e quindi “escluso” Loreto Castagna, difeso dall’avv. Concetta Florio contro il Comune, rappresentato dall’avv. Alessandro Barbieri, e le due società concorrenti, “Acquamarina”, affidataria del servizio di stabilimento balneare e strutture annesse, e “Wintor Service”. Ha invece respinto i motivi aggiunti, ma la sostanza non cambia. Tutto da rifare.
Il ricorso introduttivo chiedeva l’annullamento (il Castagna ha poi rinunciato alla sospensiva, visto il tempo trascorso) «della determina n. 118 del 21.6.2024 (mai notificata o altrimenti comunicata all’istante, ma solo occasionalmente conosciuta, così come tutti gli altri atti richiamati nella stessa), con la quale il responsabile dell’Area Tecnica VI – Urbanistica del Comune di Casamicciola, con riferimento all’avviso pubblico di prequalificazione 30 aprile 2024 approvava i verbali di gara ed aggiudicava “l’affidamento di servizio di stabilimento balneare ad uso pubblico con chiosco bar e strutture pertinenziali, ai sensi dell’art. 45 bis C.N. all’interno della concessione, previo ottenimento delle autorizzazioni di legge – Lotto “B1.f”” alla società Acquamarina srl»; della lettera di invito del 23.5.2024 a firma del direttore dell’area tecnica del Comune di Casamicciola Terme, nonché rup della procedura e dei verbali di gara; nonché in particolare «degli eventuali atti successivi, come la stipula del contratto con l’aggiudicataria».
“EVENTI DI MARE” TERZA CLASSIFICATA
La società ricorrente, “Eventi di Mare di Castagna Loreto” si era classificata al terzo posto nella procedura con un punteggio di 60 punti. Secondo quanto si legge negli atti di gara, «il periodo di affidamento ha una durata stagionale (Periodo massimo: mesi 6) e per un periodo complessivo di anni 6 (sei) ovvero, e più precisamente, decorrente dalla data di rilascio del provvedimento di affidamento fino al 30.04.2030, dal 1 maggio al 31 ottobre di ciascun anno».
Il Comune nella memoria difensiva ha eccepito la tardività del ricorso, «in quanto notificato il 5 agosto 2024 in asserita violazione del termine di 30 giorni stabilito per la notifica del ricorso in materia di appalti, poiché la determina di aggiudicazione è stata pubblicata sull’albo pretorio del Comune di Casamicciola in data 21.06.2024. Inoltre, secondo quanto sostiene il Comune, nell’istanza di accesso agli atti assunta al protocollo del 1.7.2024 il ricorrente sarebbe stato già a conoscenza del contenuto del provvedimento di aggiudicazione».
Una eccezione respinta dal Tar in quanto infondata. La sentenza riporta le date a sostegno della decisione: «Occorre chiarire in punto di fatto che l’accesso agli atti è stato richiesto dalla ricorrente con istanza del 1.7.24, proposta a mezzo del precedente difensore del ricorrente. Con pec del 4.7.24, il Comune di Casamicciola Terme comunicava l’avvio del procedimento per il rilascio dei documenti. In data 19.7.24, il Comune di Casamicciola Terme veniva diffidato a rilasciare i documenti richiesti. In data 23.7.24, il Comune di Casamicciola Terme comunicava l’autorizzazione all’accesso agli atti. Infine, in data 1.8.2024 la documentazione richiesta veniva trasmessa dal Comune al precedente difensore del ricorrente».
Richiamando quanto evidenziato dal ricorrente sulla necessità dei documenti richiesti per poter proporre il ricorso, in quanto «il Comune di Casamicciola Terme non ha utilizzato la piattaforma telematica di cui al codice degli appalti, pertanto i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione non sono stati resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale utilizzata dalla stazione appaltante, a tutti gli operatori economici partecipanti alla procedura contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione; inoltre, non sono state effettuate le comunicazioni digitali previste dal codice degli appalti. Era, pertanto, necessario l’accesso a tutti gli atti della procedura per poter proporre il ricorso».
NON VALE IL TERMINE DI 30 GIORNI
In proposito i giudici rilevano: «Tali circostanze di fatto non sono state contestate dal Comune, il quale si è limitato a ribadire che la pubblicazione della determina di aggiudicazione all’albo pretorio comunale soddisferebbe gli obblighi di comunicazione. Nulla tuttavia è stato controdedotto da Comune circa la mancata pubblicità dei verbali di gara e degli atti della procedura».
Ebbene, in base a quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell’Ue, il termine per proporre ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici decorre dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione stessa. E la giurisprudenza in materia ha dunque chiarito che la dilazione temporale è ammessa «quando la conoscenza dei documenti richiesti sia necessaria per formulare i motivi di ricorso», negli altri casi vale il termine ordinario di 30 giorni.
Ebbene, in questo caso «la richiesta di accesso è stata proposta entro 15 giorni dalla pubblicazione della determina di aggiudicazione e, inoltre, la conoscenza dei verbali di gara era necessaria per poter proporre i motivi di cui al ricorso, attinenti proprio a vizi relativi alla Commissione di gara e alla sua composizione, il quale pertanto deve ritenersi tempestivo, dovendosi calcolare il termine di 30 giorni dalla conoscenza degli atti oggetto della richiesta di accesso».
LA BACCHETTATA A GRASSO
Il ricorso introduttivo è stato accolto in quanto ritenuto fondato e dirimente il secondo motivo, con cui veniva contestata la violazione del Codice degli appalti e dello stesso avviso pubblico del Comune. E questo in quanto il rup ing. Gaetano Grasso «ha proceduto alla valutazione delle offerte tecniche, quale presidente del Seggio di Gara, arrogandosi le competenze della Commissione di Gara».
Infatti «Dai verbali in atti risulta che la commissione è stata nominata il 5 giugno 2024 e che essa era composta da dott. ing. Gaetano Grasso (presidente); dott. arch. Floriana Carraturo (componente esperto) dott. ing. Gennaro Giugliano (componente esperto). Tuttavia, il verbale n. 9 del 18 giugno 2024 risultavano presenti l’ing. Gaetano Grasso (quale presidente) e l’arch. Simona Rubino e dall’ing. Emanuela Lucia Taliercio in qualità di testimoni. In quella seduta, è stata effettuata la valutazione delle offerte tecniche e sono stati assegnati i relativi punteggi».
Anche qui il Comune ha cercato di difendere la regolarità della procedura, sostenendo «che sebbene vi sia nel verbale n. 9 del 18 giugno 2024 una qualificazione terminologica evidentemente errata sia dell’organo che procede alla valutazione dell’offerta (“seggio di gara” in luogo di “commissione di gara”) sia nel ruolo dei soggetti – diversi dal presidente – che intervengono nella valutazione (“testimone” in luogo di componente), i soggetti intervenuti nella valutazione dell’offerta tecnica erano certamente titolati ad esprimere quel giudizio, risultando la Commissione di gara esattamente composta dall’ing. Gaetano Grasso (quale presidente), dall’arch. Floriana Carraturo e dall’ing. Emanuela Lucia Taliercio (quali componenti esperti)».
Una tesi che per il collegio della Settima Sezione non è risultata convincente: «In primo luogo, perché i testimoni presenti alla data del 18.6.2024 non sono componenti della commissione di gara.
Inoltre, non risulta dal suddetto verbale che i testimoni abbiano in alcun modo partecipato alla valutazione delle offerte, ma solo che vi abbiano assistito. Non si tratta dunque di un mero errore terminologico ma della effettiva assenza dei componenti esperti della Commissione di gara nello svolgimento delle attività di valutazione della offerta tecnica».
OBBLIGATORIA LA VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE
La valutazione della Commissione era già obbligatoria in precedenza. Ed è stata confermata dal nuovo codice degli appalti approvato, che prevede: «Ai fini della selezione della migliore offerta nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, è nominata una commissione giudicatrice, che, su richiesta del rup, svolge anche attività di supporto per la verifica dell’anomalia».
Non basta. Come sovente si verifica, il Comune ha contraddetto i propri atti, ovvero l’avviso di prequalificazione, che rappresenta legge speciale della gara oggetto del contenzioso. L’avviso riportava a chiare lettere che «l’aggiudicazione della procedura di gara avverrà con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art.108 del Codice dei Contratti Pubblici, determinata da una commissione giudicatrice, nominata ai sensi dell’art. 93 del Codice cit.».
Il che induce i giudici a sentenziare che sussiste «la denunciata incompetenza e violazione dell’art. 93 del nuovo codice dei contratti, in quanto il rup, assistito dai testimoni, ha effettuato non solo l’apertura delle buste recanti l’offerta tecnica e la verifica di ammissibilità (come risulta dal verbale n. 8 del 6.6.2024) ma ha anche effettuato la valutazione delle offerte suddette assegnando i punteggi, come risulta dal verbale n. 9 del 18.6.2024».
L’accoglimento del secondo motivo ha consentito di assorbire l’esame del primo, attinente l’asserita violazione della pubblicità della seduta e del terzo motivo, «concernente la genericità dei criteri di valutazione e l’irragionevolezza del punteggio ottenuto dal ricorrente in particolare per l’esperienza professionale». E questo in quanto «le operazioni di gara devono essere ripetute da una nuova Commissione, da nominarsi in modo da evitare che vi sia identità di alcuno dei componenti della precedente Commissione e del seggio di gara». Con esito ovviamente finalizzato alle prossime stagioni balneari.
I MOTIVI AGGIUNTI
Il ricorso per motivi aggiunti c.d. improprio proponeva ulteriori censure. Ad iniziare dalla non decorrenza del termine di impugnazione, «in quanto, malgrado la circostanza che l’appalto sia stato aggiudicato, come si evince dalla lettera di invito, il Comune di Casamicciola non si è avvalso della piattaforma di approvvigionamento telematica propria né di terzi, con violazione dell’art. 36 codice appalti. Inoltre, non risulta essere stata effettuata dal Comune di Casamicciola Terme la comunicazione digitale di aggiudicazione e la documentazione non risulta pubblicata nemmeno sull’albo pretorio del Comune».
Anche questa censura è stata contrastata dall’Ente, sostenendo che in base allo stesso codice degli appalti tale obbligo non si applicherebbe a lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea. Invece per il collegio «l’obbligo di avvalersi della piattaforma di approvvigionamento telematica e di provvedere alle comunicazioni digitali deve ritenersi un obbligo generale, imposto a tutte le stazioni appaltanti». Tanto che lo stesso codice degli appalti prevede, nel caso in cui la stazione appaltante non disponga della propria piattaforma, la possibilità di avvalersi delle piattaforme di altri soggetti. Dunque «non può ritenersi legittima la scelta del comune resistente di non provvedere alla messa a disposizione in forma digitale degli atti di gara».
Sta di fatto che l’omissione dell’Ente ha come effetto «che non decorre il termine per impugnare fino a che gli atti non siano stati portati a conoscenza del ricorrente, non potendosi derivare una illegittimità degli atti di gara per violazione delle modalità di pubblicizzazione degli stessi». Di qui l’inammissibilità del motivo.
Ritenuta una semplice irregolarità l’assenza di prova che le due società concorrenti abbiano versato i diritti di istruttoria, il terzo motivo aggiunto, relativo alla carenza di specifiche competenze dei componenti della Commissione, risulta improcedibile. In quanto appunto la sentenza annulla gli atti impugnati con il ricorso introduttivo, ordinando al Comune la nomina di una nuova Commissione che dovrà rinnovare le operazioni di gara, ovvero la valutazione delle offerte. E l’Ente casamicciolese si è beccato anche la condanna al pagamento delle spese, oltre 3.000 euro.