Una storia che si registra da anni per colpa di un’attività commerciale che molto probabilmente dà fastidio ai vicini che più occasioni si sono rivolti all’autorità giudiziaria, per chiedere che venisse tolta quella famosa canna fumaria del forno per le pizze che aveva creato non pochi problemi al proprietario dell’attività. Tra l’altro chiamato a concorrere in un processo che vedeva coinvolto anche il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale di Lacco Ameno che aveva rilasciato l’autorizzazione all’installazione ed innalzandosi per diversi metri. Questo provocò all’epoca una reazione forte di coloro che hanno delle abitazioni confinanti e che non vedevano di buon occhio il “tabernacolo” che fumava nelle ore serali. Infastidendo, soprattutto, nei periodi estivi, quando tutte le abitazioni hanno porte e finestre aperte per ossigenarsi di aria fresca. Per quelle ipotesi di reato contestate a Domenico Barbarino, in particolare per violazione delle norme urbanistiche e paesistiche, il giudice monocratico lo assolveva dall’imputazione. Disponendo contestualmente la trasmissione, per competenza, ai giudici del collegio per valutare la sussistenza dell’accusa di abuso d’ufficio rivolta esclusivamente al pubblico ufficiale che aveva rilasciato l’autorizzazione. E a distanza di tempo anche il tecnico si è ritrovato con una sentenza assolutoria.
Il processo che dovrà prendere il via il prossimo marzo vede le parti invertite, con il Barbarino parte offesa con la possibilità di farsi rappresentare da un proprio legale in dibattimento, e i quattro imputati che lo avrebbero pesantemente ingiuriato e minacciato. Un processo che è scaturito da una denuncia presentata oltre che dal Barbarino, da Gaetana Marino e Fabio Palomba. Gli imputati sono Salvatore Scognamiglio, Vito Resta, Olga Grasso e Claudio De Simone, tutti difesi dall’avv. Mario D’Alessandro. Le indagini sono state condotte da un magistrato di provata esperienza, Fabio De Cristofaro, che dopo aver acquisito le querele presentate dispose accertamenti per il tramite della polizia giudiziaria affinché emergessero i necessari riscontri oggettivi a fronte della denuncia presentata. Il reato più complesso, per le frasi prodotte, è contestato a Salvatore Scognamiglio, un cognome prettamente di origine napoletana, che in un momento di scatto d’ira, nel settembre del 2014 affrontò il Barbarino e la Marino a muso duro. Lanciando nei loro confronti una serie di frasi ingiuriose con le quali mostrava tutta la propria acredine nei confronti della coppia, che il pubblico ministero ha ritenuto fossero sufficienti per disporre la citazione a giudizio dello Scognamiglio in ordine ai reati di ingiuria e minacce: «Perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, offendeva l’onore ed il decoro di Barbarino Domenico e di Marino Gaetana nonché minacciava i prevenuti di un male ingiusto e grave profferendo al loro indirizzo le seguenti espressioni: “Vi sparo in testa, uscite fuori, pezzi di merda! Ti devo sparare, pizzaiolo di merda, buttati nel forno” e, successivamente, parlando con altre persone ad alta voce in modo che le persone offese lo ascoltassero, minacciava il Barbarino Domenico con le seguenti ulteriori espressioni: “Qui due di noi siamo troppi, uno dei due deve morire, mo’ vado a prendere la pistola e lo sparo proprio a quest’uomo di merda!”».
Le dichiarazioni rese dall’imputato Vito Resta sono un po’ più gentili, seppure colorite, ma che il pubblico ministero ha comunque ritenuto di individuare nella fattispecie della minaccia nei confronti del Palomba: «Perché minacciava Palomba Fabio di un male ingiusto e grave profferendo al suo indirizzo le seguenti espressioni: “Vattene via di qua altrimenti ti picchio!”».
L’altra imputata, Olga Grasso, risponde solo del reato di ingiuria. Per aver preso di mira il Barbarino e la Marino. Accusando il primo di essere stato tradito dalla moglie e che questa se la intendeva con un personaggio noto di Lacco Ameno. Frasi e circostanze ritenute del tutto non veritiere dal pubblico ministero De Cristofaro che ha spedito dinanzi al giudice la Grasso per rispondere e difendersi dall’ingiuria: «Perché offendeva l’onore ed il decoro di Barbarino Domenico e Marino Gaetana profferendo al loro indirizzo l’espressione: “Tieni le corna, tua moglie se la fa con Giovanni Zavota!”».
L’ultimo capo d’imputazione è rivolto nei confronti di Claudio De Simone. L’accusa nei suoi confronti è di minaccia aggravata per aver espresso nei confronti del duo Barbarino-Marino una frase “tosta” con l’intendo di far uscire (si presume dall’abitazione o dall’attività commerciale) le due vittime. Forse per regolare i conti una volta per tutte. Evento comunque non verificatosi, come ha accertato la polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero: «Perché minacciava Barbarino Domenico e Marino Gaetana di un danno ingiusto e grave profferendo al loro indirizzo le seguenti parole: “Avete rotto il cazzo, fatevi vedere, uscite fuori!”».