di Andrea Esposito | Ho conosciuto questa donna meravigliosa, piena di coraggio, slanci ideali e interessi culturali, quando era poco più di una ragazzina adolescente, ma già si intravedevano in lei le qualità umane e intellettuali che oggi l’hanno resa la persona che è. Martina oggi è la dott.ssa Marta Byts: una donna adulta, una madre, una intellettuale e una attivista. La vita si è fatta carico di trasformare il suo giovane romanticismo in un più riflessivo spirito ideale e patriottico. Nata a Lviv (Leopoli, la “Parigi ucraina”) ha vissuto i primi 16 anni con i nonni, deve a loro il legame con la sua terra. E’ cresciuta in una città dallo spirito mittle-europeo, nella quale l’epoca sovietica tramontava ma molti suoi retaggi persistevano. Lì ha studiato editoria, poi a Napoli (un’altra città multietnica) ha completato gli studi laureandosi presso l’Università Orientale. La incontriamo a Ischia, dove ha raggiunto i genitori.
Come è nata la tua decisione di tornare in Ucraina per aiutare il tuo paese come volontaria civile a Lviv?
Quando è iniziata la guerra, il 24 febbraio scorso, mi trovavo a Lviv. Era già un po’ che facevo la pendolare dall’Italia. Sentivo da sempre il bisogno di dover tornare in patria, un richiamo della foresta per dirla con Jack London. Quel giorno mi ha svegliata una chiamata di mio padre, erano le sei del mattino. Poche parole: è cominciata, preparati alla fuga. Non gli ho creduto, gli ho detto che stava esagerando come al solito, rimettendomi a dormire. Ma pochi minuti dopo per la prima volta nella mia vita ho sentito le sirene di allarme antiaereo, un suono inquietante.
Abito all’ultimo piano e godevo di un’ottima vista sull’aeroporto, quindi poco dopo ho visto con i miei occhi atterrare gli elicotteri e gli aeri militari. Allora mi sono resa conto che mio padre aveva ragione. Tuttavia mi rifiutavo ad accettarlo, non lo riuscivo a concepire. La nostra mente cerca di proteggerci dagli eventi traumatici, ma nel giro di poche ore il quadro si faceva più ovvio, fuori dalle case si respirava un’aria che potevi tagliare col coltello, le persone erano silenziose, sembrava che volevano risparmiare le parole per dopo. Nonostante ciò vi era molto coesione in tutto, non c’era panico. Sapevamo che la capitale era sotto attacco e ci siamo dati da fare (lo smistamento, la raccolta degli indumenti di prima necessita, di medicinali per le persone in fuga dall’orrore), ognuno faceva il suo. Confesso che non riesco a spiegarti cosa vi si provava: un senso di fratellanza, un abbraccio di conforto, una stretta di mano, il giocare con bambini visti per la prima volta durante gli allarmi nei rifuggi, cercando di allontanare da loro la paura…In quei piccoli gesti avevo riscoperto il vero “sale della vita”.
Quando è avvenuto il primo contatto con la Comunità Ucraina dell’Isola d’Ischia?
Dopo lo sbigottimento iniziale contattai Lesya Petruyniak (con Lesya ci conoscevamo dai tempi di Euromaydan) scrivendole “sto qui, a Leopoli, dobbiamo aiutare i nostri soldati, la nostra sopravvivenza ora dipende da loro. Medicinali, antisettici, antidolorifici, antibiotici, di fasce emostatiche per fermare l’emorragia, i ragazzi che combattono perdono molto sangue. Fai tutto il possibile per farci arrivare tutto ciò che t’ho scritto” Lei mi aveva risposto subito dandomi l’ok. In pochi giorni arriva la prima colletta. Dopo un paio di settimane la comunità ucraina insieme agli amici ischitani si sono adoperati molto organizzando spedizioni alimentari, prodotti di prima necessità. In seguito hanno acquistato e hanno portato in Ucraina due ambulanze. Ringrazio tutti della solidarietà umana dimostrata, vi ringrazio per ogni singola parola di sostegno, per ogni singolo gesto di preoccupazione nei nostri confronti. L’Ucraina è stata da sempre la porta d’Europa, spesso ha fermato o rallentato le invasioni dandole il tempo necessario per accrescere le difese. Abbiamo la percezione di essere uno scudo e affinché questo scudo regga va sostenuto da tutti. L’Ucraina è una parte importante dell’Europa così come l’Europa è una parte importante per l’Ucraina.
Che cosa è per te la guerra?
È la fine, la disgregazione totale. È vedere i poeti, gli scrittori i musicisti, gli artisti con i fucili in mano nelle trincee. È la paura dei nostri bambini, il loro dolore e i loro arti amputati. A migliaia non potranno mai più chiamare mamma o papà e tante madri che non potranno mai più chiamare i propri figli. Oltre alla distruzione materiale è un punto di non ritorno, la distruzione psichica e morale di tutti i sani principi. Qui in Occidente spesso non se ne ha la giusta percezione, lo capisco. Ma il pericolo non è passato. Il fatto che una persona ignori un valore non la disobbliga dalla responsabilità di difenderlo, anche se ignoriamo la guerra non significa che la guerra ci ignori. Si è creduto che la democrazia fosse un dato di fatto e non andava più difesa, che la Russia fosse un partner affidabile dopo la II guerra mondiale, non è andata così. Questa guerra ha cambiato tutto.
Cos’è per te difendere la patria?
È non arrendersi, non tradire il sacrificio dei fratelli e delle sorelle che ci stanno difendendo mentre stiamo al caldo a bere il caffè nelle retrovie. La patria non si sceglie, nasciamo in un luogo per una ragione. Un detto indiano dice “la terra non appartiene all’uomo, l’uomo appartiene alla terra”. Crediamo nella Terra Madre. Difendere la patria è difendere la nostra casa, quella dei nostri antenati e dei nostri figli. Non sono una militante, non ho mai impugnato un’arma ma sono ferma in questi valori.
Provavo tanta rabbia, vivere 24 ore su 24 con le minacce incessanti, sirene di giorno e di notte, correre nei rifugi, vedere giovani genitori con figli neonati a trascorrere le ore intere al freddo, sentirli piangere mentre le mamme cantavano le ninne nanne. Le esplosioni di bombe, i missili sfilare sopra la testa e l’attesa dei tonfi assordanti. Sembra strano e tuttavia ci si abitua. La mia paura più grande era quella di non rivedere mai più mio figlio che stava in Italia con i miei genitori (gli sono molto riconoscente per questo), mentre io non me la sentivo di scappare, non potevo lasciare la mia gente. Da quando era bambino gli ho insegnato i nostri valori storici: coraggio, dignità, solidarietà. Allora potevo toccarli con le dita, era arrivato il momento di applicare questo insegnamento. Se fossi scappata, con quale pretesa avrei potuto continuare a ripetergli: figlio mio, sii un uomo giusto e coraggioso? Difendere la patria per me è questo: compiere le scelte difficili ma essenziali.
Che cos’è per te la Russia?
È il nemico eterno, ha aggredito il mio paese per l’ennesima volta, violando tutti i principali diritti internazionali. Infischiandosene del memorandum di Budapest, firmato nel 1994, l’accordo con cui l’Ucraina consegnava alla Russia tutte le sue testate nucleari in cambio di una garanzia dei propri confini statali. L’Ucraina era diventata la terza potenza nucleare del mondo, dopo Usa e Russia. Con la dissoluzione dell’URSS aveva aderito al trattato internazionale di Non Proliferazione appunto lasciando il monopolio nucleare dell’ex Urss alla sola Russia. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia, i paesi firmatari del Memorandum garantivano la sicurezza alla nostra nazione. Questo accordo è stato violato da uno dei paesi garanti! Ma oltre a tutti gli aspetti ufficiali, per me la Russia è un’onda di crudeltà che faccio fatica definire umana. Non c’è solo il conflitto militare: in molte zone occupate della mia terra si è mostrato di nuovo il volto mostruoso dell’Uomo che uccide a sangue freddo, stupra, violenta, depreda, come speravamo di non rivederlo mai più. 500 bambini uccisi, più di 900 feriti, bambini non nati, fosse comuni, torture, deportazioni. Più di 66.000 crimini di guerra denunciati alle autorità ucraine nelle aree liberate. Come si può giustificare tutto questo? L’invasione, il terrore e la ferocia inconcepibili al giorno d’oggi. Siamo nel XXI secolo e riviviamo le barbarie del passato. Progresso, modernità? La guerra li demolisce, li annienta. Da madre, da donna resto inorridita al solo pensiero che tutto questo accada qui, vicino a noi e non si possa fare niente per fermarlo. Nessun ordine geopolitico ha il diritto di giustificare tali mezzi.
Cosa senti di dire a noi che viviamo “al sicuro nelle nostre tiepide case”?
Prima di tutto vorrei ringraziarvi tutti. Gli italiani ci hanno sostenuto e continuano a farlo. Per noi era molto importante non sentirci soli e lo è ancora. Esprimo la mia profonda gratitudine a coloro che non hanno dubitato e sin dall’inizio si sono schierati con noi ucraini, nonostante la disinformazione russa operi in Italia da molti anni. “Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”, purtroppo non esiste una via di mezzo, una posizione neutrale di fronte alla guerra. Non esistono “sì…però”. Si deve scegliere da che parte stare senza gli indugi: c’è uno stato enorme in termini geopolitici che aggredisce e uno stato molto più piccolo che subisce. È passato un anno. Ricordo benissimo lo sgomento iniziale, la reazione internazionale, pochi credevano che avremo resistito per più di due settimane. Provavamo un senso di paralisi di fronte ad un’onda tsunamica e allo stesso tempo fermezza nel rimanere lì, ancorati alla nostra terra. È molta fede, certezza assoluta di stare dalla parte giusta e lo siamo ancora. La guerra continua, non è finita. Mi rendo conto che a lungo andare ci si abitua e ci si stanca dalle notizie. Lo shock iniziale viene sostituito da una voce di fondo che narra dei movimenti al fronte, delle ondate di milioni di ucraini che cercano il rifugio in Europa. E poi c’è il carovita, l’aumento di bollette, della benzina. Ma il nostro globale è interconnesso. Mentre noi qui viviamo tranquillamente il nostro quotidiano, andiamo al lavoro, accompagniamo i nostri figli a scuola, in Ucraina si muore a causa della guerra.
Perché il mondo deve continuare ad aiutare l’Ucraina? Quali pericoli se non lo fa?
Le ragioni sono più di una. Se vogliamo esseri limpidi è perché si deve avere un po’ di lungimiranza e capire finalmente che non esistono patti che la Russia non abbia violato in passato. Se il mondo non aiuta l’Ucraina oggi, la guerra in Europa non finisce domani. Cesserà nel momento in cui ci smetteranno di ammazzare, quando avremo abbastanza armi per proteggerci. Non siamo noi a spararci, a lanciare i missili sulle nostre scuole, sugli ospedali. Quanti bambini, donne, vecchi si è disposti a sacrificare ancora, a darli in pasto ad un dio pagano di guerra? Prima o poi avrà fame di nuovo, a quale paese toccherà allora? Il mondo aveva ingoiato l’annessione della Crimea nel 2014, aveva consentito questa violazione del divieto internazionale temendo la terza guerra mondiale.
Eccoci qui, sono passati pochi anni e adesso Putin vuole ingoiare l’Ucraina ma stiamo sicuri che anche dopo non si fermerebbe. Con questa guerra la Russia ha aperto il vaso di pandora, inferendo un colpo pesantissimo all’ordine internazionale esistente mostrandogli tutto il suo disprezzo. La Carta delle Nazioni Unite all’articolo 2, paragrafo 4 impone in particolare agli Stati di astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza dirette “contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi stato”. La plausibilità e l’autorità dell’istituzione del diritto internazionale, che si è consolidato dopo la II guerra mondiale, e della pace futura dei nostri figli ora dipendono dalla fermezza nel difendere i principi civili. La libertà di un popolo non è da negoziare, è un valore che viene prima di tutto, è un valore per il quale hanno combattuto i nostri nonni, i nostri antenati, e non abbiamo diritto di dimenticarcelo. Slava Ukraini!