martedì, Gennaio 14, 2025

Usura, i tentacoli del clan Contini sull’isola d’Ischia

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Dalla nostra indagine stanno emergendo persone insospettabili che hanno allacciato da tempo rapporti molto stretti con i fiduciari dell’organizzazione. Professionisti e imprenditori di successo nel campo turistico e commercianti che hanno avuto bisogno di denaro liquido per fronteggiare la crisi finanziaria e il botto pandemico. Tutto ruota su una struttura criminale realizzata dallo stesso Contini, che si muove come un imprenditore e un esperto banchiere

Paolo Mosè | Il “mercato” dell’usura sull’isola d’Ischia è nella maggior parte dei casi sottoposto al controllo del clan Contini che, come vedremo di qui a qualche istante, ha la sua massima espressione nel boss Eduardo Contini. Che riesce a stare sulla cresta dell’onda della criminalità da decenni.
Più di un mese e mezzo fa abbiamo scritto dell’usura sull’isola d’Ischia facendo delle verifiche su determinati settori della nostra economia, che sente maggiormente la crisi e che ha bisogno di liquidità. E molti di questi imprenditori, vistisi chiusi i rubinetti del credito cosiddetto istituzionale, sono costretti a rivolgersi al privato per ottenere le somme necessarie per poter andare avanti, per tamponare le falle che si sono ormai aperte pericolosamente a causa di eventi imprevedibili ed esterni alle stesse aziende.

Sull’usura gestita dalla criminalità organizzata stiamo lavorando da diverse settimane e quello che siamo riusciti a scoprire ci ha lasciati, dobbiamo dirlo con franchezza, a dir poco allibiti. Perché è qualcosa che si muove sottotraccia e che solo pochi sanno concretamente quali sono gli affari che vengono realizzati da chi ha necessità di centrifugare la massa di denaro che viene incamerata con altre attività illecite. L’usura, seppur è considerata una attività estremamente illegale e ad appannaggio perlopiù della malavita, serve anche per tentare la scalata ad attività imprenditoriali che sono in difficoltà. E come spiegheremo da qui a qualche istante, il meccanismo su come riescono costoro ad apparire rispettabili imprenditori, persone “perbene” ed affabili cittadini, rientra tutto in uno schema preordinato. Preparato, programmato da persone intelligenti. Mentre la movimentazione della massa di denaro è quasi sempre suggerita da professionisti di una certa esperienza, che comunque però devono sempre seguire le direttive generali del boss, capoclan o del personaggio definito il “ministero delle finanze”. Quest’ultimo è un personaggio che determina la scelta se concedere il prestito o meno. Sotto di lui vi sono una sorta di procacciatori e di responsabili che hanno una disponibilità autonoma di finanziamento ad usura fino ad un certo tetto massimo. Una struttura che assomiglia molto alle banche. Su cosa può concedere e fare un direttore di agenzia, di filiale, fino ad arrivare ai dirigenti presenti presso le varie direzioni generali.

IL “MINISTRO DELLE FINANZE”
Ad Ischia il clan Contini viene rappresentato da due sostanziali soggetti. Uno per così dire più piccolo, che ha il compito di intrattenere i rapporti con la clientela che chiede un prestito, ma senza arrivare a grosse cifre. Sopra costui vi è una mente più raffinata, che staziona quasi sempre nel capoluogo campano. Ma ha rapporti molto stretti con l’isola, ritenuta appetitosa perché comunque vi è una movimentazione di denaro consistente. Il rappresentante in loco che vive di fatto sull’isola si rivolge a questo personaggio che sostanzialmente non ha grosse pendenze con la giustizia, né risulterebbe collegato in modo stretto con il clan Contini. Ma di fatto ne è parte integrante. Anche lui, però, ha un ruolo già bello e prestabilito. Non può concedere somme elevate, ma è obbligato a fermarsi alla cifra già dettata a suo tempo dal cosiddetto “ministro delle finanze”.

Questa organizzazione criminale ha disponibilità finanziarie molto importanti, tant’è vero che alcuni anni fa vennero sequestrate cospicue somme di denaro ed attività imprenditoriali per 320 milioni di euro. Per gli investigatori ciò che venne individuato e sequestrato altro non era che la punta di un iceberg. Un esempio per capire la portata e la forza penetrante di questa struttura. Ci sono stati casi sull’isola d’Ischia dove le richieste di “finanziamento” hanno superato di molto le centinaia e centinaia di migliaia di euro.

TRATTATIVA IN CITTA’
A fronte di queste richieste così importanti né il piccolo personaggio presente sull’isola d’Ischia che il suo diretto superiore hanno potuto trattare e garantire il prestito. Gli imprenditori in questione sono dovuti sbarcare direttamente in città e raggiungere luoghi segreti (per capirci, dove effettivamente il clan controlla di sicuro quel pezzo di territorio) per discutere con il “ministro delle finanze”. A cui viene sottoposta la richiesta per centinaia di migliaia di euro se non, in alcuni casi, sperando il milione. La trattativa si basa successivamente sul tasso di interesse applicato, le modalità di pagamento delle rate e quali sono le garanzie che il debitore pone sul tavolo.

E da quel momento chi riceve il denaro può dirsi di fatto nelle mani di costoro. Come è problematico e non è affatto facile tornare ad essere un imprenditore libero e senza l’assillo del gruppo usuraio che chiede costantemente il rientro. E’ accertato che questo rapporto va avanti non per mesi, bensì per anni. L’attività imprenditoriale è a quel punto sottoposta a una verifica costante dell’organizzazione e del “ministro delle finanze” tramite i suoi più fidati collaboratori, che sono presenti ma non si espongono mai direttamente. In queste aziende che hanno il controllo al 50% ad un certo punto viene nominato il socio una persona insospettabile che segue le attività e conosce benissimo quali sono le entrate e le uscite. Di fatto è un “angelo” maligno che controlla il debitore. Mai il clan preferisce sull’isola d’Ischia diventare unico titolare dell’azienda. Preferisce rimanere più acquattato dietro le quinte, perché tutti sono convinti che chi era l’unico proprietario di quell’azienda lo è stato nel passato e lo resta anche nel presente. Così facendo l’organizzazione rientra quasi sempre del capitale impegnato più una buona parte degli interessi. Il clan mantiene a galla l’attività commerciale o turistica fino a quando gli fa comodo. E abbandona la barca al proprio destino quando questa può diventare pericolosa per la stessa struttura malavitosa.

ASSALTO ALLE AZIENDE SANE
Quello che abbiamo saputo, come abbiamo spiegato poc’anzi, ci ha lasciati allibiti. Per i nomi che faremo a tempo debito (per verificare se è vero che sono coinvolti in rapporti con questa organizzazione criminale o se hanno instaurato rapporti amicali con chi la rappresenta in loco), quando tutte le coordinate porteranno ad una verifica che non potrà mai essere smentita. Nel frattempo, però, possiamo accennare che vi sono imprenditori del campo turistico e alberghiero che hanno intrecciato rapporti con questi personaggi. Tutti indubbiamente legati a transazioni finanziarie che comprendono vari aspetti. Molti in difficoltà e qualcuno finito finanche nelle verifiche del tribunale fallimentare. Commercianti per così dire a iosa. Un po’ ovunque disseminati sull’isola d’Ischia, che annaspano per quadrare i conti. Ed ancora professionisti che riguardano un po’ tutti i settori della vita sociale, economica del nostro territorio. Ma il clan non si adopera solo cercando di andare “incontro” a quegli imprenditori in difficoltà.

Punta anche ad allacciare rapporti con quelle aziende sane e produttive che consentano di racimolare utile a fine anno. Sono le cosiddette galline dalle uova d’oro e se riescono da entrare, con l’abilità che li contraddistingue e la forza finanziaria che hanno, hanno quasi sempre gioco facile per impadronirsene. Ma il clan appare alcune volte un’associazione per così dire benefica, tenta di soddisfare ogni richiesta che proviene dal territorio e si adopera a risolvere anche il piccolo problema per accattivarsi un po’ tutti. Una sorta di sportello per venire incontro a chi non ce la fa, a chi ha necessità di risparmiare anche per un piccolo lavoretto. La lista è lunga, degli affezionati anche inconsapevoli con chi trattano.

L’INFORMATIVA DELLA DIA
Questa situazione, comunque, non è totalmente estranea agli investigatori. C’è stato un inizio di indagine da parte della Direzione investigativa antimafia, che ha messo sotto la lente di ingrandimento alcune operazioni sospette. Alcuni passaggi di denaro e di attività commerciali. E a quanto a noi risulta una prima informativa è stata trasmessa alla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Napoli, in cui vengono riportati nomi di insospettabili isolani accomunati a soggetti definiti fiancheggiatori del clan Contini. Non è da escludere che i telefoni siano attenzionati e soprattutto i social, Facebook e WhatsApp, strumenti comunicativi ora tra i più utilizzati dai personaggi che non intendono essere ascoltati, e che hanno un costo giornaliero elevato per lo Stato che intende ascoltare le conversazioni e i messaggi trasmessi con queste applicazioni.

Ma chi è il capo supremo? Chi è Eduardo Contini? E’ un boss di spicco, uno dei punti di forza del cartello “Alleanza di Secondigliano”, è anche conosciuto come “’u roman”, abilissimo nel destreggiarsi negli affari illeciti e preferisce la trattativa agli scontri armati. A lui interessano i soldi e la sua organizzazione ha anche il compito di recuperare crediti altrui. E quando si presentano, il debitore deve pagare. Alla fine tutto ciò che è recuperato viene diviso in parti uguali.
In una informativa degli investigatori si fa riferimento ad una tipologia di intervento del clan: «Inoltre, a fronte di una richiesta di una persona di Milano che vantava un credito da un imprenditore alberghiero del Veronese il clan prospetta l’ipotesi di malmenare il debitore che deve una somma di euro 75000. Oltre ad assicurare che si sarebbe recato sul posto personalmente uno dei membri del Clan dice al suo interlocutore: “a questo lo “ciacchiamo” proprio, lo mandiamo all’ospedale”».

IL BOSS E LA SUA ORGANIZZAZIONE
L’altro aspetto è ciò che scrivono i magistrati sul boss: «L’organizzazione creata da Edoardo Contini è basata sulla sua grande abilità imprenditoriale oltre che alla scelta dell’uso delle armi solo in casi estremi. La caratteristica che ha reso il sodalizio quasi invulnerabile rispetto agli altri clan partenopei è stata l’assenza di scissioni interne e di collaboratori di giustizia. Contini intraprende la carriera criminale agli inizi degli anni 80, abbandonando la vita da imprenditore. Pochi anni dopo, già inquadrato nella Nuova Famiglia, quella nata per contrapporsi alla nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, è alla guida di un gruppo criminale con base a San Giovanniello, nel quartiere San Carlo all’arena è la zona dell’arenaccia, una delle più calde per la densità abitativa e per la vicinanza con le arie su cui insistono gli altri clan punto a metà degli anni 80 è già tra i criminali più influenti di Napoli: dopo un incontro con i Narcos colombiani a cui prendono parte anche i mafiosi siciliani, si aggiudica il mercato dell’Europa dell’est per la cocaina sudamericana. In quel periodo Contini è tra i fondatori dell’ Alleanza di Secondigliano (insieme a Francesco Mallardo e a Gennaro Licciardi).

E non perde lo spirito imprenditoriale: diversifica e investe. Il suo clan mette le mani su usura ed estorsione, traffico di droga, gioco d’azzardo e contraffazione, e investe in case, società, attività imprenditoriali. Nel 2017 la guardia di finanza, su disposizione della direzione distrettuale antimafia, confisca al suo gruppo un tesoro di 320 milioni e già finito sotto sequestro preventivo due anni prima: ci sono distributori di benzina tra Campania e Molise e, bar tra Napoli e Avellino, tabaccherie, aziende per la torrefazione di caffè, gioielleria e una trentina di immobili tra cui una villa a Ischia. Secondo la direzione distrettuale antimafia era probabilmente soltanto la punta dell’iceberg. Nessuno ha mai “tradito” Eduardo Contini e nessuno ha mai deciso di scalare i vertici creando una frattura in seno all’organizzazione, un particolare unico in seno alla camorra. Prima del suo arresto Eduardo Contini compariva nella lista dei 30 ricercati più pericolosi d’Italia. Secondo il pentito Domenico Esposito, il clan Di Lauro aveva un patto per questione di droga con il clan Contini, in particolare con Ciro Contini, nipote di Eduardo». La prossima puntata saremo ancora più precisi, perché stiamo spulciando altre situazioni particolari, estremamente interessanti e che potrebbero consentirci di conoscere altri imprenditori finiti sotto usura.

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