Sono due giorni che ballo con la mia barca per arrivare alla VELA Cup di Procida. Ho anche preso una rete nell’elica nel mentre! Ma ne è valsa la pena”.
Valerio Cera, armatore di Enigma, aveva ragione. La prima edizione della VELA Cup Procida, in collaborazione con il Marina di Procida gestito dal presidente Eugenio Michelino, verrà ricordata a a lungo. Più di 80 iscritti, in 60 barche al via a sfidare il ventone che ha toccato anche i 26 nodi durante la circumnavigazione dell’isola. Impeccabile l’organizzazione in mare della Lega Navale di Procida, che ha saputo perfettamente gestire in tutta sicurezza tante barche diverse tra loro. A tagliare la linea di partenza davanti al suggestivo Palazzo D’Avalos, per poi sfilare davanti al borgo multicolore della Corricella, sotto un cielo plumbeo spezzato dai raggi di sole, barche di ogni tipo.
Dal minuscolo gozzo a vela latina del 1950 Santa Rosa al ketch di 65 piedi alle barche giramondo oceaniche (come l’Allures 51.9 Rossa! del navigatore Pippo Bangert), dai comodissimi Fountaine Pajot da crociera ai gioielli d’epoca come Don Quijote, progetto del 1953 di German Frers sr (velocissimo e bellissimo) o il Kiwi di Fabio Ratti. Regata da veri lupi di mare in acqua, festa a terra nella piazza di Procida con musica, cibo e premi per tutti, e party fino a tarda notte per gli equipaggi.
Per Luca Oriani, direttore del Giornale della Vela, essere riusciti a portare la VELA Cup a Procida “è un sogno che si avvera, perché su quest’isola si respira il vero senso di questo nostro evento che è molto più di una regata, è una vera e propria festa“.
E ce lo conferma anche Eugenio Michelino, direttore del Marina di Procida, “è stata una giornata bellissima perché siamo riusciti a convogliare sull’isola decine e decine di imbarcazioni. È stata una bella festa del mare, una veleggiata libera a cui hanno partecipato equipaggi di tutti i tipi, uniti da una grande passione per la vela ma con tanta voglia di vincere“.
La Barcolana dell’isola di Arturo è già stata definita. Un riferimento al famoso libro di Elsa Morante che non nasce per caso, perché proprio in occasione della VELA Cup Procida, presso il villaggio della regata allestito nella piazza Marina Grande, cuore pulsante del paese, il venerdì prima della regata è stato assegnato il Premio Passione Mare, scelto dalla giuria del Premio letterario Procida-Isola di Arturo-Elsa Morante e destinato all’autore che con la sua opera ha meglio diffuso la cultura del mare e i suoi valori. A vincerlo è stato Davide Besana, fumettista tra gli autori di mare più letti e apprezzati, per il suo progetto Sail The Children, grazie a cui centinaia di ragazzi ogni anno possono scoprire il fascino della navigazione a vela.
VELA Cup Procida: com’è andata
Sabato mattina, tra qualche goccia di pioggia e le fischia del vento tra le sartie, si è tenuto il briefing della VELA Cup nella piazza principale di Procida. Poco più tardi, mollati gli ormeggi e raggiunta la punta dei Monaci, gli oltre 60 equipaggi, giunti da tutto il golfo di Napoli e non solo per questa prima edizione della VELA Cup Procida, hanno tagliato la linea di partenza a ridosso della spettacolare baia di Corricella.
Non c’erano soltanto imbarcazioni da regata sulla linea di partenza ma anche equipaggi alla loro prima esperienza, come Diogene il Bavaria 32 Cruiser di Raimondo Rocco. In acqua anche delle vere e proprie sfide in famiglia, tra cui quella tra Bruma Fugit, l’Alpa 11.50 di Renato Sesto Conte, ultimo Alpa costruito dal cantiere (matricola n. 185), che sfidava Nanook l’Alpa 11.50 di Moreno Conte, primo scafo della serie costruito nel 1979. Una storia stupenda la loro, con il padre che dopo aver attraversato l’Atlantico da Procida ai Caraibi e ritorno, dona la barca al figlio che la ristruttura e la mantiene in famiglia.
Il percorso prevedeva la circumnavigazione dell’isola di Procida in senso orario, passando per Isola Vivara, fino a Punta Serra e ritorno. 10 miglia in totale che sono state coperte in poco meno di 1 ora e mezza dalle imbarcazioni più veloci. Il vento, più intenso nella zona a nord dell’isola ha raggiunto punte di 26 nodi, regalando agli equipaggi più competitivi le condizioni ideali per una regata veloce e divertente. Qualche equipaggio ha scelto di ritirarsi, ma fortunatamente il tutto è stato sempre gestito in sicurezza.
n tempo reale, a tagliare per primo il traguardo è stato Sly Fox Cube, il Grand Soleil 46 B&C di Roberto Fotticchia – Gagliardi. A seguire, in seconda posizione, Nientemale, il Beneteau First 40 CR di Giuseppe Osci, e subito dietro, al terzo posto Tango, il Grand Soleil 56 di Andrea Eminente.
La barca di Juan Perón
Tra le vele più belle alla VELA Cup Procida c’era Don Quijote di Lodovico Visone. Come ci ha raccontato Alessandro Cunzo, a bordo di questo fantastico ketch bermudiano, “si tratta di uno scafo disegnato da Germán Frers senior in argentina negli anni 50, ordinata da Juan Perón in persona per darla in dono a Evita Perón, morta però l’anno prima di poterla ricevere mentre era ancora in costruzione. Ceduta ad un medico brasiliano che faceva base in argentina, ma per le vacanze la portava in Europa, Don Quijote ha attraversato per nove volte l’Atlantico prima di essere venduta in Inghilterra.” Restaurata presso l’Antico Cantiere del Legno Aprea, alla VELA Cup ha partecipato con un equipaggio tutto napoletano. “Non andavamo in barca assieme da un anno, riprendere su una barca del genere non è facile, perché devi stare attento a quanto carico dai su ogni manovra. Si tratta di un oggetto vivo e mobile, quindi c’è stato certamente qualche attimo diciamo di latente tensione ma la barca si è comportata benissimo. In più è stata una regata super divertente, al ritorno a scendere sotto Vivara eravamo a farfalla con quattro vele yankee, trinchetta, randa maestra e mezzana. Sono molto felice di aver partecipato ad una manifestazione come la VELA Cup perché sono regate come questa che preservano il senso vero dell’andare per mare. Una dimensione che si perde un po’ negli ambienti di regata, dove c’è troppa distanza tra il professionista e l’appassionato, che diventa poi sempre più un abisso, che purtroppo va a settorializzare e professionalizzare troppo l’ambiente.”