L’avvocato Bruno Molinaro ha rappresentato, nella vicenda di Villa Stefania, i Comuni di Barano, Ischia e Lacco Ameno, ma soprattutto la Diocesi di Ischia e il vescovo Pietro Lagnese.
Questa è anche una sua vittoria.
«La motivazione è lapidaria – è il suo primo commento – e dimostra che avevamo visto giusto quando nelle nostre memorie difensive abbiamo sostenuto che su un immobile oggetto di domanda di condono non ancora definita non è consentito eseguire altre opere diverse da quelle meramente conservative, come la manutenzione straordinaria».
L’Asl aveva investito nell’immobile, il che è ancora più grave.
«Aveva incautamente eseguito presso l’immobile opere assolutamente innovative e tutt’altro che meramente conservative, riconducibili, nella migliore delle ipotesi, alla “ristrutturazione edilizia”, per la quale è – di certo – richiesta anche l’autorizzazione paesaggistica».
Non aveva titolo, insomma.
«La denuncia di inizio attività presentata dall’Azienda al comune era, dunque, da ritenere priva di effetti, tanto più se si considera che per quell’immobile, non privo di abusi, non risultava rilasciata dal comune nemmeno la certificazione di agibilità, pur necessaria per il suo utilizzo, aggravato, nella specie, dall’illegittimo mutamento della destinazione originaria e dalla finalità pubblica impressa all’attività ivi svolta».
Una sonora bocciatura per Ferraro.
«Diciamo che il Consiglio di Stato ha fatto strame degli errori commessi dalla A.S.L., condannata anche al pagamento delle spese processuali, sottolineando che, nel valutare la legittimità del suo operato, non può prescindersi dalla “regolare presenza degli edifici sul territorio comunale”.
In altri termini, il Supremo Consesso ha bocciato come “irregolare” la presenza sul territorio casamicciolese dell’ex albergo Stefania, che, dunque, non può essere utilizzato per altri fini, a prescindere dagli abusi accertati».
E ora?
«Sta ora al sindaco di Casamicciola e ai suoi funzionari dare immediata attuazione ai provvedimenti già adottati e rivelatisi, all’esame del giudice amministrativo, del tutto immuni da vizi.
Se ciò non dovesse avvenire, gli interessati attiveranno i rimedi che l’ordinamento appresta per rendere coercibili i provvedimenti amministrativi, caratterizzati dal requisito della esecutorietà».
p.r.