Anna Lamonaca |Il cavaliere Vincenzo, che tutti chiamavano Enzo, era appena salito sul treno… così inizia il racconto di una vita- quella che Vincenzo Monti ha vissuto ed ha narrato nel suo recente libro intitolato: “Il figlio del professore”, un romanzo ambientato nell’Italia del dopoguerra dove, come in un teatro, le maschere che si presentano sono i suoi compagni di viaggio, a volte i familiari, a volte gli amici, a volte i nemici e tutti insieme hanno dipinto sul volto segni distintivi di vita, di gioia, di tristezza, di saggezza, pazzia o morte, ma sopra tutte, c’è la maschera di Vincenzo che, bambino stupefatto, guarda il lento scorrere del tempo alla ricerca della sua verità. Vincenzo è nato a Casamicciola nel 1939, poeta dialettale, ma anche scrittore, nelle sue opere tratta temi sociali, personali inerenti alle debolezze umane, alla famiglia, agli affetti e ai sentimenti con tono ironico e scanzonato, a volte irriverente, ma a tratti con intensità e raccoglimento. In occasione della pubblicazione del libro su Youcanprint lo abbiamo intervistato per voi:
Vincenzo il tuo libro intitolato “Il figlio del professore” è la storia della tua vita, come mai hai deciso di scriverla? Il mio proposito e’ stato quello di lasciare ai nipoti i ricordi della mia infanzia cercando d’esorcizzare i dubbi dell’adolescenza che di solito, si portano dietro per la vita intera, solo ripercorrendo il vissuto si possono comprendere alcune verità.
Dove nasce la tua passione per la scrittura? Ho avuto molte passioni che mi hanno impegnato intellettualmente e fisicamente, con l’età avanzata mi sono reso conto che lo scrivere richiedeva minore energia fisica.
Leggere il tuo libro è stato piacevole, mi ha riportato ad un’atmosfera passata che noi giovani di oggi non conosciamo. Perché hai voluto scrivere di quel periodo? È opportuno che la nostra storia, nel bene e nel male non venga dimenticata ed e’ giusto che i giovani sappiano.
La tua generazione da un lato ha avuto poco, ma dall’altro aveva molte cose importanti come il famoso “focolare”che oggi non esiste più, i tuoi genitori sono stati una presenza importante? Sono stati una presenza importantissima,anche se all’inizio troppo rigidi nell’educare, ma è risaputo che le generazioni spesso cambiano da un estremo all’altro. Occorrerebbe stare nel giusto mezzo Cerco di mantenere sempre accesa l’unione della famiglia.
Giocare, inventando con poche cose, senza spendere soldi sicuramente sviluppa una grande fantasia, credo che questo abbia poi influito sul tuo lavoro una volta divenuto adulto, vero? Sicuramente, nel dopoguerra eravamo poveri di tutto, la necessità aguzza l’ingegno e questo bagaglio rimane, aumenta la creatività, la fantasia, l’esperienza, il desiderio della ricerca.
Casamicciola di allora, dava ai giovani l’idea di avere tanto, perché oggi non è più così? Era più vivo il senso dell’appartenenza al proprio territorio, l’inno, la bandiera tricolore, eravamo fieri d’essere Italiani.
Hai scritto anche un bel libro di poesie intitolato “O triato e Vicienzo”, quando è nata la tua passione per la poesia dialettale? Penso che il dialetto sia stato la mia lingua madre dalla nascita con sfumature diverse da quello degli altri comuni dell’isola. Il dialetto è la nostra etichetta, le nostre radici, esso riesce a rendere l’idea prima ancora di ridurla in termini precisi, amarlo significa essere possessori di una grande eredità: L’eredità della nostra storia ed è quello che desidero esprimere sentimenti, valori, cultura e speranza con cui ripercorrere i sentieri della memoria, trasmettere qualcosa nella sua originalità.
Non si può dire che ti sei annoiato nella vita, ad essere nato in quel periodo storico importante per l’Italia è stato quasi come un trampolino di lancio verso una vita costruita da solo e con sacrifici. Cosa ti senti di dire ad un giovane di oggi? I ragazzi di oggi sono sempre quelli di una volta, forse meno educati, più sfrontati, stimolati da molteplici distrazioni. La colpa è della famiglia stessa e della società che non li segue abbastanza. Certo è che trascorrere pomeriggi davanti ad un monitor non fa altro che estraniarli dal mondo. Occorre fare della conoscenza pratica uno stile di vita, ai miei tempi già a tredici anni eri occupato ad imparare un mestiere.
Nel libro parli di molti ostacoli che hai dovuto affrontare e di molte peripezie che hai vissuto, tra cui della morte di tuo fratello Ciro, quanto ti hanno segnato queste cose? Ciro è stato l’orgoglio della nostra famiglia. Essere pilota da caccia è stato per me forse uno dei pochi desideri nascosti fin da piccolo. La sua morte mi ha molto segnato .
Ti è stato consegnato il titolo onorifico di Cavaliere di merito dal presidente della Repubblica a soli 36 anni, ci vuoi raccontare quell’esperienza? E’ stata una conferma che i sacrifici profusi durante la mia attività lavorativa sono stati utili alla collettività. Grande emozione.
L’amore per la natura è insito negli isolani, scrivi molto del mare, della tua passione per la pesca, ma anche dell’amore per la montagna e la vita di campagna, quanto sono importanti queste passioni per te? L’amore è vita, esso deve essere inclusivo prima che esclusivo, riempie la vita …al mare il nuoto è un po’ come il volo negli spazi infiniti . La montagna è terra e madre.
I sogni sono stati il motore della tua vita, è fondamentale per te sognare? I sogni sono parte integrante della vita, chi non sogna non vive, ma sopravvive.
“Lo stanzino” è una poesia contenuta all’interno del libro di poesie, ma che hai voluto riportare anche nel romanzo “Il figlio del professore” che cosa vuole significare? Perché è così importante? La vita è un ‘insieme di condizionamenti che ti accompagnano, fin dalla nascita. Molti non servono, vanno rimossi. Lo stanzino vuole significare proprio questo. Un accumulo dal quale bisogna cercare di liberarsi.
Qual è il messaggio che vuoi comunicare con la tua scrittura? Evitare di parlare in termini astratti. Trovare il particolare e lasciare perdere l’universale, Dio, popolo, la foresta, il fascismo sono astrazioni. Se ti trovi in mezzo a una di queste astrazioni, come in una foresta cominci a dire: Questo è un pino, questo è un cedro…sono tutti alberi, ma diversi tra loro.
Tu e Nunzia siete una coppia molto solida parli di lei anche nel libro quanto è stato importante averla incontrata? Penso che voi vi completate, siete entrambi artisti parlaci del vostro rapporto…In circa 60 anni di vita insieme, io e Nunzia abbiamo imparato ad avere una conoscenza reciproca, approfondita, condividendo i nostri interessi. Pur essendo testardi nelle nostre scelte abbiamo trascorso il tempo affrontando insieme i problemi della quotidianità: comunicando, giocando, amandoci e crescendo. Non è stato facile impegnarsi verso l’altro, l’impegno richiede altruismo e dedizione, ma solo in questo modo si può parlare d“amore”: un sentimento davvero grande, capace di raccogliere momenti belli e difficili della vita senza chiedere nulla in cambio.
Dove è possibile trovare i tuoi libri? Li potete trovare su www:youcanprint.it