mercoledì, Settembre 25, 2024

Vittorio Emanuele Orlando e l’autonomia universitaria, alla Cattolica di Milano, Leone Melillo, professore dell’Università Parthenope di Napoli.

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Sabato 21 settembre 2024, dalle ore 9:00, a Milano, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore si è tenuto il convegno dell’Associazione Italiana di Storia del pensiero politico, durante il quale il Prof Leone Melillo ha presentato la sua relazione “Vittorio Emanuele Orlando e l’autonomia universitaria” .Il Prof Melillo durante il suo intervento ha evidenziato quanto siano ancora oggi valide la questione dell’accentramento governativo statale o della libertà e dell’autonomia, e la questione del carattere professionale delle Università o del puro carattere di rappresentanza dell’altra cultura, questione che hanno agitato e agitano ancora oggi le Università. Il Prof Melillo ha ripercorso il vissuto di
Orlando, che parlando di istruzione pubblica, si soffermava sullo “studente” e sugli “studi universitari” e, quindi, sull’istituzione che andava riformata”, innanzitutto con l’eliminazione dei difetti propri dell’ordinamento universitario degli studi”.

Un ordinamento che appariva “frantumato in una molteplicità di insegnamenti sparsi, attivati non ai fini della funzionalità scientifica, ma da motivi spesso ad essa estranei”.
Orlando affrontava, la dibattuta questione che cerca di comprendere se l’Università debba essere un “ufficio di Stato” o un “ente autonomo”, fornendo una “risposta, favorevole alla seconda ipotesi”, con la tesi della “politica universitaria ispirata al principio della maggiore libertà e dell’autonomia ai corpi accademici” e la “sua predilezione per le piccole università e al decentramento di esse nel territorio”.

Orlando esaminava, quindi, l’insegnamento, che “aveva, innanzi tutto, bisogno di bravi professori”, per cui preferiva il “sistema americano mediante il quale il professore veniva assunto per contratto diretto, a tempo determinato, rinnovabile dall’università”.
Un “sistema” che “non vincolava l’università al vincitore per tutto il percorso di una carriera stabilita per legge, che non avrebbe potuto interrompersi, se non in casi di eccezionale gravità”.
Orlando evidenziava, ancora, lo “stato di disagio” delle Università e le “condizioni generali” degli studi universitari, per accedere alla “questione dell’ordinamento universitario, che in Italia – secondo il Palermitano – non era abbastanza di Stato”, “abbastanza libero”, “abbastanza professionale”, “abbastanza scientifico”.

Orlando indugiava anche sulla presumibile “causa principale degli scioperi universitari” e, quindi, sugli “studenti che non hanno spesso un vero, proprio e diretto interesse ad ascoltare le lezioni”, per cui chiedeva di “creare dunque questo interesse, a costo anche di far venire meno gente alla lezione”.
Il Palermitano offriva anche “considerazioni didattiche sulla prevalenza o meno del corso monografico, frutto di ricerche critiche del professore, sul corso generale, che aveva scopi prevalentemente informativi”, che “se non coordinati, non avrebbero offerto”, secondo la sua convinzione, “un’intelligenza sintetica della disciplina”.

Un tema che evidenziava, quindi, la sua “decisa presa di posizione” contro la “simmetria burocratica” che ha aggiunto “materie alle materie”, con la conseguenza negativa di offrire scarsi interessi agli studenti, di privarli delle capacità critiche indispensabili alla professionalità, di bloccarne la “voluntas discendi”.
Orlando professava la tendenza che contesta la “logica del sistema statale”: chi ha “vissuto la vita universitaria – precisava il Palermitano – può comprendere che l’autonomia sta ad essa, come l’aria della campagna sta alla salute degli organismi”.

Una scelta che non poteva prescindere, secondo Orlando, dal bilancio dell’istruzione e dalla richiesta di maggiori mezzi finanziari per garantire i “servizi dell’istruzione”, quando sono “inadeguatamente dotati”, ma anche per ricostruirli come va fatto, impiegando, se necessario, anche ingenti risorse.
In realtà, “non era un mistero” che Orlando “avrebbe voluto porre mano ad una riforma universitaria che rispondesse a questi criteri autonomistici, ma si rendeva conto degli umori parlamentari”, per cui “non ebbe ritegno nel definire la sua posizione come quella di un paralitico con intelligenza viva”. Il prof. Melillo ha aggiunto inoltre che l’autonomia – come ha evidenziato anche Roberto Calderoli – non deve cedere ai “pregiudizi puramente ideologici”, ad un “allarmismo immotivato”, a “fantasiose ipotesi di pericolo che evidentemente sono figlie di un’avversione politica alla riforma”, in tema di autonomia.
Tali riflessioni- conclude il Prof Melillo, raggiunto dalla ns. redazione al termine del convegno- che si è avvalsa dei rapporti di amicizia e collaborazione tra Italia ed Albania, condivisi con il Magnifico Rettore Prof. Xheladin Dracini, dell’Università di Tirana, nella prospettiva tracciata da Dott.ssa Elsa Dhuli, Direttrice Generale dell’Istituto albanese di statistica (INSTAT), ed evidenziata già da Edi Rama, Primo Ministro della Repubblica di Albania.

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